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A Natale è nato l'uomo. La rivoluzione di Gesù

Antonio Socci

Il significato della festa. Le altre religioni sacralizzavano il potere, solo Cristo ha elevato gli umili

Andrea Tempestini
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di Antonio Socci La storia è un'immensa macelleria, diceva il vecchio Hegel. Ed è vero. Per secoli e secoli sulla scena del mondo stavano pochi protagonisti e molte comparse. I protagonisti erano capibanda, re, imperatori e tiranni vari: di solito grandi (o piccoli) macellai. Le comparse erano i popoli da loro assoggettati: carne da macello. Poi, un giorno di duemila anni fa, tutto è stato silenziosamente rovesciato. Dal quando Dio si fece uomo, da quando è nato Gesù, è nato anche l'uomo come essere sacro e inviolabile in tutti i suoi diritti. Per la prima volta nella storia è entrato l'individuo singolo. O meglio la persona (perché l'individuo è se stesso attraverso tutti i suoi rapporti affettivi e sociali). Tutte le religioni sacralizzavano il potere. Dopo la nascita di Gesù a essere sacralizzato è il singolo essere umano, a partire dal più irrilevante e marginale.  Il Natale di quest'anno arriva in un mare di preoccupazioni e ansie della gente comune. Tutti, demoralizzati, hanno la sensazione di non contare niente, di essere in balia di potenze enormi e incontrollate (lo spread, la Bce, l'Unione europea, le lobby di potere, le banche e via dicendo). Tutti si sentono esclusi o inascoltati e irrilevanti nella storia. E tanti sono veramente ai margini o sottoposti a dure prove. Ebbene, Benedetto XVI da giorni cerca di parlare proprio a questo popolo di smarriti, che si sentono impotenti. Per annunciare loro che il Natale di Gesù c'entra fortemente col loro dolore, perché Gesù ha reso ognuno di loro – padre o madre, figlio o persona che sgobba o che soffre - il vero protagonista della storia. Da settimane il Pontefice ripete e approfondisce questo annuncio. L'8 dicembre, per l'Immacolata, in Piazza di Spagna ha sottolineato che «quel momento decisivo per il destino dell'umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio. L'incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. È un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio. Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato».  Questo già ribalta il nostro punto di vista che normalmente classifica le cose secondo la gerarchia di importanza del potere e della mentalità dominante. Bisogna capovolgere tutto. Infatti il Papa ha aggiunto: «la salvezza del mondo non è opera dell'uomo – della scienza, della tecnica, dell'ideologia – ma viene dalla Grazia. Che significa questa parola? Grazia vuol dire l'Amore nella sua purezza e bellezza, è Dio stesso così come si è rivelato nella storia salvifica narrata nella Bibbia e compiutamente in Gesù Cristo».  È vero. Infatti gli antichi imperi (e anche quelli moderni, basti pensare a comunismo e nazismo), che sembravano invincibili, sono crollati e han lasciato solo rovine. L'inerme Gesù invece ha conquistato e illuminato il mondo. Un'altra immagine del Papa da quel discorso: «Maria è chiamata la “piena di grazia” (Lc 1,28) e con questa sua identità ci ricorda il primato di Dio nella nostra vita e nella storia del mondo, ci ricorda che la potenza d'amore di Dio è più forte del male».  I martiri dei totalitarismi del Novecento mostrano davvero che l'apparente debolezza dell'amore, vince su qualsiasi formidabile potere. È «il potere dei senza potere» – per riprendere la formula del grande dissidente cecoslovacco Havel. Oltre all'amore è anche il potere della Verità. Che vince il male del mondo e anche il nostro. A questo proposito Benedetto XVI ha detto: «Maria ci dice che, per quanto l'uomo possa cadere in basso, non è mai troppo in basso per Dio, il quale è disceso fino agli inferi». Infatti «il soffio mite della Grazia può disperdere le nubi più nere, può rendere la vita bella e ricca di significato anche nelle situazioni più disumane». Qui, spiega il Papa, diventa possibile la gioia: «la Grazia porta la vera gioia… che nulla e nessuno possono togliere». Il giorno dopo, all'Angelus, il Santo Padre è tornato a mostrare questo capovolgimento della storia realizzato dal «vero grande avvenimento, la nascita di Cristo, che i contemporanei non noteranno neppure». Ha affermato: «Per Dio i grandi della storia fanno da cornice ai piccoli!».  È impressionante questo ribaltamento, che si fa evidentissimo nella storia di Maria e poi nella storia cristiana. Infine il Papa nel suo recente articolo per il Financial Times, incentrato tutto sul rapporto fra Cesare e Gesù, fra il potere del mondo e il re dell'universo, è tornato a spiegare ancora più profondamente: «la nascita del bambino Gesù segna la fine dell'antico ordine, il mondo pagano, nel quale le rivendicazioni di Cesare apparivano impossibili da sfidare. Adesso vi è un nuovo re, il quale non confida nella forza delle armi, ma nella potenza dell'amore. Egli» scrive il Pontefice «porta speranza a tutti coloro che, come lui stesso, vivono ai margini della società. Porta speranza a quanti sono vulnerabili nelle mutevoli fortune di un mondo precario. Dalla mangiatoia, Cristo ci chiama a vivere da cittadini del suo regno celeste, un regno che ogni persona di buona volontà può aiutare a costruire qui sulla terra». Infatti così è stato. Dopo la nascita di Gesù la macelleria del mondo è stata illuminata di umanità, di amore e di divina eternità. «Puro filosofo quale sono e, per sincerità verso me stesso, voglio restare», scrisse Benedetto Croce «io stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia stato il cristianesimo».  Pur da laico, Croce nel memorabile saggio del 1942 “Perché non possiamo non dirci cristiani”, scrisse: «Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo».  Il filosofo aggiunse: «Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate».  Quelle antiche «e le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni (…) non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l'impulso originario fu e perdura il suo». Ogni giorno questo ciclone di amore torna a investire il mondo. Ecco perché ieri Benedetto XVI ha compiuto il grande affresco dei suoi discorsi prenatalizi esortandoci così: «Imitiamo Maria nel tempo di Natale, facendo visita a quanti vivono un disagio, in particolare gli ammalati, i carcerati, gli anziani e i bambini. E imitiamo anche Elisabetta che accoglie l'ospite come Dio stesso: senza desiderarlo non conosceremo mai il Signore, senza attenderlo non lo incontreremo, senza cercarlo non lo troveremo».    Don Giussani è arrivato a formulare questo paradossale rovesciamento illustrato dal Papa con un'immagine folgorante: «il protagonista della storia è il mendicante. L'uomo mendicante Cristo e Cristo mendicante del cuore dell'uomo». Né la grande finanza, né gli stati, né le ideologie – che passano come carri armati sulle singole persone – sono i protagonisti della storia. Ma colui che mendica Cristo, il suo amore, la sua verità. E il Figlio di Dio che è l'Amore e la Verità incarnate.  Il Natale è dunque l'esaltazione della persona, del piccolo e spesso oppresso e disprezzato essere umano.

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