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Siamo più fieri di Sanremo che della "Beffa di Buccari"

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Giovanni Ruggiero
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Abbiamo aspettato apposta, sornioni. Come previsto, di una fra le imprese più audaci e gloriose della Grande Guerra, di cui il 10 ricorreva il centenario, non si è parlato praticamente per niente. Se sulla sconfitta (non "disfatta", come, pure, insistono) di Caporetto c' è stata un' enorme attenzione mediatica, sulla gloriosa Beffa di Buccari è sceso il pressoché completo silenzio dei grandi media (tranne poche eccezioni) e, ciò che è più grave, delle Istituzioni. Dopotutto, protagonista dell' impresa fu "solamente" uno dei più grandi poeti italiani del '900, Gabriele D' Annunzio, senza dimenticare che questa incruenta e ironica scorreria navale ebbe un enorme impatto sul morale delle nostre truppe, "vendicando" in un certo modo l' onta di Caporetto. Un precedente inqualificabile si è avuto ai primi di agosto, quando il Centenario del corpo degli Arditi, la nostra "arma segreta uman" che contribuì, con enorme sacrificio, a ribaltare le sorti della Grande guerra, passò totalmente in sordina, a parte una piccola celebrazione dell' Esercito. Il 10 febbraio 1918, al comando di tre agili motoscafi siluranti, detti Mas, vi erano Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele D' Annunzio. In quattordici ore di navigazione, compirono un pericolosissimo trasferimento tra l' isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove vi erano ancorate navi nemiche. A un miglio dalla costa, gli equipaggi spensero i motori a scoppio per azionare quelli elettrici. Ormai dentro la baia, alle 1.20, lanciarono i siluri, ma solo uno esplose all' impatto con le reti messe a protezione dei piroscafi alla fonda. Subito i Mas riuscirono a riguadagnare il largo tra l' incredulità dei posti di vedetta austriaci. In un conflitto con risvolti psicologici di massa acquisivano un ruolo sempre maggiore, l' impresa di Buccari ebbe vasta eco grazie al Vate che lasciò sul molo nemico un messaggio beffardo in tre bottiglie ornate da nastri tricolori: «In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d' Italia, che si ridono d' ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l' inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia». Dal punto di vista operativo, sebbene non si recarono grandi danni alla flotta nemica, emersero le facili smagliature ed il mancato coordinamento della vigilanza costiera austriaca. Ciò che emerge oggi, a cent' anni di distanza, è invece una smagliatura nel tessuto della memoria nazionale. Tutti presi da Sanremo o dal ricordo - pur doveroso - di svariate atrocità, abbiamo dimenticato completamente le pagine gloriose della nostra storia, rappresentative di quelle virtù di onore, coraggio e amor di Patria grazie alle quali si è edificato e conservato, con enorme fatica, il nostro Paese. di Andrea Cionci

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