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Il Cartello dei Balcani, un viaggio all'inferno di sola andata

Giovanni Ruggiero
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Un salto indietro nel tempo, fino al 2 novembre 1993. Il giorno dei morti. Un sanguinoso assalto a un portavalori e sette cadaveri lasciati sull'asfalto dell'autostrada A8 Milano-Varese: è di grandissimo impatto la scena di apertura de “Il Cartello dei Balcani” (Acar Edizioni), il nuovo romanzo noir del giornalista e scrittore Luca Scarpetta che, dopo il successo de “L'ultimo confidente” (Acar Edizioni, 2015), ha scritto un altro capitolo della lotta al narcotraffico, sempre in collaborazione con il maresciallo Giancarlo Rapone, che per dieci anni è stato un infiltrato del Reparto Operativo Antidroga dell'Arma. Se il libro precedente era un viaggio a tinte noir nel mondo del narcotraffico sudamericano, ancora ispirandosi ad alcune operazioni antidroga realmente accadute, con “Il Cartello dei Balcani” Scarpetta accende ora i riflettori sulla rotta dei Balcani dell'eroina afghana che, attraverso i narcotrafficanti serbi e albanesi, corrieri turchi e boss della 'ndrangheta, arriva dritta al cuore di una Milano cinica e violenta, in cui il confine tra giustizia e criminalità si fa sempre più sottile. Sullo sfondo di una Jugoslavia divorata dalle fiamme della guerra, ancora una volta saranno la bramosia del potere e quella del denaro a fare la differenza, con uno stile crudo, asciutto, nel quale riecheggia la Los Angeles nera di James Ellroy.   Non casuale è la scelta di cambiare completamente lo scenario e i temi rispetto al libro precedente: l'eroina di ritorno di questi ultimi anni, infatti, ha dato lo spunto per un'indagine nel recente passato, tra la fine degli anni '80 e la metà degli anni '90, quando la brown sugar mieteva vittime nelle strade delle grandi metropoli del mondo, rendendo gli uomini simili a zombie. Senza dimenticare il ruolo della ‘ndrangheta, che si stava infiltrando rapidamente all'interno dell'economia e della politica e con i narcos dei Balcani faceva lauti affari, così come nel romanzo si parla anche di poliziotti corrotti e senza scrupoli, oltre che della competizione tra reparti dell'Arma dopo la creazione del Ros. L'ultimo libro di Scarpetta e Rapone, insomma, è un noir che fa riflettere, e che inoltre ci ricorda che i narcos non sono soltanto Pablo Escobar o il Cartello di Cali, di Norte del Valle o del Sinaloa, e il narcotraffico non è solo cocaina: esistono infatti cartelli altrettanto feroci, a pochi chilometri da noi, nei Balcani, sui quali né Hollywood, né nessun altro, ha mai acceso i riflettori. “Il Cartello dei Balcani” è un viaggio all'inferno di sola andata. Perché non è soltanto leggere di un mondo criminale. È anche assaporarne l'atmosfera, senza veli e ipocrisie.

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