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Pansa: Evasore, l'uomo dell'anno

Il bestiario. Chi frega il fisco è la figura che riassume la nostra incapacità di essere un paese civile. Ma in tempo di crisi...

Andrea Tempestini
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La paura di diventare poveri accresce la nostra curiosità per un soggetto speciale: chi povero non è, però finge di esserlo. Ma come si può passare per poveracci pur avendo un tenore di vita da nababbi? È semplice: mentendo al fisco. Fino a poco tempo fa, questi bugiardi non risultavano insopportabili. Erano uno dei tanti mali italiani, molto diffuso. E tollerato con il pretesto che sarebbe difficile da sradicare.  Per questo motivo, il Bestiario dichiara che è l'evasore fiscale l'uomo dell'anno 2011. La figura che riassume tutta la nostra incapacità di essere un paese civile. Il nemico nascosto che ogni giorno scende in guerra contro gli italiani onesti. Vedrete che se ne parlerà sempre di più. E lui non avrà la vita facile di un tempo. Questo è il mio augurio per il 2012 che sta per iniziare.  Oggi il clima sociale è mutato. La grande crisi economica e finanziaria imperversa nell'intera area dell'euro. L'Italia è già entrata in recessione e c'è da augurarsi di non precipitare nella depressione. Un altro dei rischi che corriamo è indicato con una parola ancora poco usata: stagflazione. È la somma di due mali: la stagnazione economica e la crescita dell'inflazione. Invochiamo Santa Scarabola, la patrona delle imprese difficili, e speriamo che questo nuovo mostro non si presenti. L'aria che tira ci dice che dovremo smettere di vivere al di sopra delle nostre possibilità. Chi è benestante lo sarà di meno, almeno per un venti per cento, valutano gli esperti. Anche chi non lo è, purtroppo sarà costretto a ridurre il proprio tenore di vita. Il 2012 ci vedrà guadagnare poco e pagare molte tasse. Dovremo rinunciare a piaceri che rallegravano la vita. E avremo di fronte esempi di povertà che da molto tempo non incontravamo.  Come potremo accettare tutto questo senza contropartite? La prima sarà quella di far pagare di più chi ha di più. Ma questo avviene già, quando chi ha di più è un contribuente fedele. Lo slogan della sinistra più cieca finge di non vederlo. La tassazione è arrivata alle stelle. Un tempo si diceva che gli italiani lavoravano mezzo anno per se stessi e l'altra metà per il fisco. Adesso ho l'impressione che il rapporto sia cambiato: ci diamo da fare sette mesi per il fisco e appena cinque per noi stessi. Credo che oltre non si possa andare. Tuttavia, in questo caso, il peggio sta sempre dietro l'angolo. La seconda contropartita, quella vera, è di far pagare chi non ha mai pagato. Oppure ha dato al fisco appena una briciola di quanto avrebbe dovuto versare. Una sinistra non demagogica e un tantino accorta dovrebbe far suo questo slogan. Ma la sinistra italiana, e parlo di tutte le sue parrocchie, si è ben guardata dall'affrontare in modo razionale il gigantesco problema dell'evasione. Lo stesso dovrebbe fare una destra seria. Chi si sente di destra ha un obbligo da onorare: pretendere il rigore nei conti pubblici e nell'etica privata. E invocare il massimo della fedeltà fiscale e la massima asprezza nel combattere gli evasori. Lo ha sempre fatto la destra italiana? La mia risposta è no. Anzi, spesso ha strizzato l'occhio ai furbastri.  Tuttavia adesso abbiamo il governo presieduto da Mario Monti e composto soltanto da tecnici. È arrivato alla guida del paese dopo le prove pessime offerte dagli esecutivi di centrosinistra e di centrodestra. Che colore ha il governo dei professori? Ecco una domanda alla quale non saprei rispondere con certezza. C'è chi lo definisce rosso o rosa, poiché è stato messo in sella da un presidente della Repubblica che viene dalla sinistra. Ma è un errore. La novità più forte, e positiva, del governo Monti è di non avere uno status  politico definito. Quindi non potrà essere giudicato dalla bandiera che sventola, dal cordone ombelicale con questo o quel partito, e neppure dalle simpatie personali dei singoli ministri. Monti e i suoi tecnici saranno valutati con un metro che non sbaglia mai: il risultato del lavoro sulle questioni più delicate. A me pare che la prima di tali questioni sia la guerra agli evasori fiscali. Posso sbagliarmi, ma credo che nei prossimi mesi questa diventerà una richiesta possente dell'opinione pubblica. Esiste una legge fatale: chi stringe la cinghia si secca molto nel vedere che non tutti fanno così. Dunque, chi è abituato a non pagare le tasse stia molto attento: passo dopo passo, evasione dopo evasione, diventerà il nemico pubblico numero uno di una società che non è più in grado di essere clemente con chi la danneggia. È inutile ripetere che l'evasore reca un danno profondo non soltanto all'erario, ma anche al vicino di casa che versa le imposte sino all'ultimo euro. Presentando dichiarazioni bugiarde sino al ridicolo, gode di vantaggi immeritati che si ripetono anno dopo anno. Se vedremo nascere una nuova lotta di classe, sarà tra gli onesti e i disonesti. In parecchi paesi democratici quanto il nostro, chi froda il fisco finisce in carcere. Negli Stati Uniti il direttore di una prigione, nel mostrare gli evasori in gabbia, spiega la reclusione con una formula semplice e terribile: “Hanno mentito al popolo americano”. Non sto chiedendo le manette per gli evasori italiani. Il nostro sistema giudiziario è talmente disponibile a tutte le soluzioni che non mi stupirei di vedere un magistrato che scarcera subito il contribuente infedele. Chiedo soltanto che si dia una caccia spietata a chi froda il fisco. Gli strumenti ci sono. L'Agenzia delle entrate sta lavorando bene. Idem la Guardia di finanza. E alcune decisioni del governo Monti le ritengo ottime come tutela per gli onesti. Una di queste è l'obbligo per le banche di comunicare all'Agenzia per le entrate l'entità dei conti correnti che hanno in carico. Qualcuno ha strillato alla fine del segreto bancario. Ma il segreto, qualunque sia, non può tutelare un malvivente. L'evasore è esattamente questo, non altro. I funzionari delle Entrate conosceranno quanti soldi ho in banca? Ok, non ho nulla da temere. La mia dichiarazione Irpef è assolutamente compatibile con l'entità del mio conto. Lo stesso vale per il mio tenore di vita quotidiano. Vacanze (brevi) comprese. E mai in paradisi fiscali. Ma si può fare persino di più. Nella fase finale del governo di Silvio Berlusconi, il ministro Giulio Tremonti aveva deciso due provvedimenti anti-evasori che a me sembravano sacrosanti. Il primo prevedeva la pubblicazione di tutti i redditi nei siti internet dei comuni italiani. Il secondo stabiliva il carcere per i colpevoli di un'evasione, accertata e provata, superiore ai tre milioni di euro. Poi queste decisioni sono svanite nel disastro del governo Berlusconi. Il governo Monti forse dovrebbe farle sue. Il mio fastidio di contribuente fedele gabbato di continuo dagli evasori è diventato talmente forte da farmi sperare in qualche svolta radicale. Prima fra tutte, quella di rendere pubbliche tutte le dichiarazioni dei contribuenti. Con nomi, cognomi, professione, località di residenza e importi. Sarebbe una rivoluzione positiva in un paese dove è lecito parlare di tutto, a cominciare dalle corna coniugali e dai vizietti sessuali. Ma dove è impossibile portare alla luce del sole lo scandalo dei ricchi che sembrano poveri e degli onesti che pagano anche per la bella vita dei disonesti. So bene che arrivare a questo occorre la forza della disperazione. Nella conferenza stampa di fine anno, Monti ci ha spiegato che potevamo finire come la Grecia, ma siamo riusciti a fermarci a un passo dal baratro. Il premier è stato chiaro: i rischi per l'Italia non sono scomparsi. E bisogna fare di più.  Per riuscirci, non serve a nulla chiedere elezioni anticipate. Bisogna soltanto sperare che il governo Monti duri a lungo, sino al voto del 2013. Tutto dipende dalla volontà dei gruppi politici che lo sostengono. Il trio Abc, ossia Alfano, Bersani e Casini, è di fronte a una responsabilità storica. Ciascuno di loro deve dimostrare di non essere un leader di paglia. Lo deve dimostrare soprattutto Angelino Alfano, il segretario del Pdl. Quando arrivò a quella poltrona irta di chiodi roventi, l'ingegner Carlo De Benedetti lo liquidò in modo sprezzante: “Hanno scelto un manichino”. Alfano mi piace. E lo seguo con simpatia nel suo difficile lavoro. Continui a dimostrare che, ancora una volta, il mitico Ingegnere ha sbroccato. di Giampaolo Pansa

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