Italiana dimenticata da 3 mesi
in una prigione marocchina
Rabat (Marocco) - Chiusa in una galera marocchina da 3 mesi, sbattuta in gattabuia come la peggiore delle delinquenti senza che le fosse nemmeno concesso di contattare i familiari per oltre venti giorni dopo il suo arresto. Barbara Fraternali, 44 anni, imprenditrice torinese, incensurata, è in sciopero della fame da oltre 15 giorni nella speranza che la pratica di estradizione, che la dovrebbe portare in Italia, sia convalidata al più presto dalle autorità competenti. Ma fino ad ora nessuno le ha dato ascolto. Di cosa è incriminata? L'accusa è di bancarotta, ma non c'è stato ancora nessun processo che ne attesti la colpevolezza. Per ora è in regime di carcerazione preventiva. Il suo errore? Quello, molto probabilmente, di essersi fidata delle persone sbagliate. Questa sarebbe potuta essere l'ennesima storia felice di un imprenditrice nostrana che a fine gennaio si è recata in Marocco nella speranza di trasformare la propria attività in un business di successo. Il sogno era quello di molti. Aveva comprato una piccola azienda dedita alla stampa di materie plastiche, nella speranza di gestirla nel migliore dei modi. Una donna sola, forse mal consigliata negli affari, è entrata in società con persone poco affidabili. Dopo poco tempo l'azienda è fallita, sono fioccate accuse di bancarotta, fallimento, e la signora Barbara si è trovata a vivere il peggior incubo della sua vita. E' stata raggiunta da un mandato di cattura internazionale emesso da un pm torinese, ma invece di essere portata in Italia per essere sottoposta a un regolare processo è stata arrestata dalla polizia marocchina lo scorso 29 aprile. Da allora, sono passati quasi 3 mesi, Barbara Fraternali è in galera. La sua famiglia ha allertato le autorità consolari e l'ambasciata italiana in Marocco, ha chiesto a lungo di poter accelerare i tempi della pratica di estradizione, concessa dalla Corte Suprema marocchina, ma le lentezze burocratiche del paese ospitante sono tali da poter richiedere addirittura oltre sei mesi di tempo per convalidare la pratica di rientro in Italia. Nel frattempo, Barbara se ne sta in prigione senza aver subito nessun tipo di processo, senza che alcuna autorità l'abbia giudicata colpevole. Dal momento in cui è stata incarcerata le sue condizioni psicofisiche sono andate peggiorando. Il nove luglio la donna ha iniziato uno sciopero della fame, in segno di protesta contro la lentezza degli iter procedurali marocchini e contro il disinteresse delle autorità consolari italiane che, ad oggi, sembrano non aver fatto molto per aiutarla. Barbara ha perso oltre 15 kg a causa del digiuno e i familiari temono che le sue condizioni di salute non siano compatibili con il rigido regime carcerario a cui è sottoposta. La redazione di Libero-news ha contattato personalmente la Farnesina per sollecitare un intervento su questo drammatico caso. Secondo il ministero degli Esteri, “l' Ambasciata italiana a Rabat ha effettuato diverse visite alla signora nel carcere Salé, dove è detenuta”. Ma gli amici di Barbara sostengono che la donna ha ricevuto una sola visita da parte del Primo Segretario del Console di Rabat, il Dott Piero Vaira. Sempre secondo la Farnesina, è stato “chiesto alle competenti Autorità marocchine di alleviare il più possibile le condizioni di detenzione, e, in particolare, ci si è assicurati che la Signora potesse beneficiare di adeguata assistenza medica”. L'autorità consolare italiana a Rabat avrebbe, inoltre, “rappresentato ad adeguato livello presso le Autorità marocchine la forte aspettativa che vengano definite in tempi molto rapidi le già avviate procedure di estradizione (la Corte Suprema marocchina ha accolto a maggio la richiesta di estradizione presentata da parte italiana)”. Intanto, però Barbara è in carcere da tre mesi. Infine, il ministero riporta che “ulteriori passi sono stati svolti da quando è iniziato lo sciopero della fame della Signora Fraternali, le cui condizioni di salute sono costantemente seguite dalle Autorità diplomatico-consolari italiane in Marocco”. Su questo punto esprime notevoli perplessità la sorella della detenuta, Claudia Fraternali. “Mio padre si è recato in Marocco per far visita a mia sorella ed è stato letteralmente abbandonato a se stesso. Nessuno che si sia mosso per dargli delle informazioni, il Consolato italiano ha cominciato a interessarsi del caso di mia sorella solo da quando Barbara ha iniziato lo sciopero della fame. Serviva questo per essere notata? Una persona deve morire di fame affinché le autorità competenti si interessino al suo caso?”. “Barbara deve rientrare in Italia. L'udienza preliminare è stata rinviata al 26 settembre, ma non può restare in carcere fino a quella data: rischia di morire”. La signora Claudia è in stretto contatto con il Dott. Piero Vaira, il Primo Segretario del Console italiano di Rabat, che si è reso disponibile quale tramite diplomatico di questa vicenda. “Sento regolarmente il Dott. Vaira via mail ma non ci siamo mai parlati per telefono”, prosegue Claudia Fraternale, “non faccio altro che chiedergli quando sarà possibile far rientrare mia sorella in Italia, ma tutto quello che ottengo sono risposte vaghe e tiepide rassicurazioni, mentre Barbara continua a restare in galera. Qualcuno, ve ne prego, l'aiuti”. Abbiamo sentito anche il legale italiano impegnato sul caso, l'avvocato torinese Vittorio Nizza, che giudica incredibile, nella sua drammaticità, l'intera vicenda. “La mia assistita è in galera senza che su di lei sia stato formulato un regolare giudizio di colpevolezza”, tuona l'avvocato. “In Italia un caso di bancarotta come quello in cui è stata, suo malgrado, coinvolta la signora Fraternali sarebbe risolvibile in tempi rapidi e, molto probabilmente, senza bisogno di nessuna misura cautelativa. Possibile che, invece, lei sia in galera da oltre 3 mesi? Quanto ancora dovremmo aspettare affinché sia concessa l'estradizione? Il Consolato italiano di Rabat deve fare qualcosa”. Libero-news si associa all'appello della famiglia e del legale Nizza affinché Barbara Fraternali torni presto in Italia, sperando che le autorità italiane si dedichino a questo caso e lo risolvano in tempi quanto più rapidi possibili.