Il Financial Times: non è Silvio
l'origine di tutti i mali italiani
Silvio Berlusconi non è la causa di tutti i mali dell'Italia. La notizia ha del clamoroso, vista la fonte: quel Financial Times che più volte ha duramente criticato il presidente del Consiglio, tratteggiando un Paese allo sbando sotto la sua guida, ma che recentemente, dopo il G8 di L'Aquila, aveva ammesso che il Cavaliere sa sempre come cavarsela. Il quotidiano della City londinese pubblica un commento di Geoff Andrews, “Italy's problems do not end with Berlusconi” (I problemi dell'Italia non finiscono con Berlusconi), che prova a fare il punto della situazione sulla penisola: non è solo colpa del premier se la democrazia è a rischio, ma di tutto un sistema che ammette la corruzione nella vita comune, compresa quella sportiva. Tra le altre cose, Andrews è anche l'autor del libro “Non una nazione normale: l'Italia dopo Berlusconi”. Da Tangentopoli alla Puglia - L'analisi parte dai giorni di Tangentopoli che portarono al collasso della vecchia classe dirigente democristiana, lasciando libera la via all'ingresso di Berlusconi in politica con la vittoria alle elezioni del 1994 che sdoganò anche la destra post fascista. Da allora la sinistra è entrata in un baratro di confusione, smarrendo la propria identità: solo un uomo, per il Financial Times, ha saputo battere il Cavaliere, Romano Prodi. Mentre l'ultima esperienza di Walter Veltroni, con la nascita del Partito democratico, non ha partorito i risultati sperati. Parole che pesano come macigni alla luce di quanto sta accadendo in Puglia. Non esiste alternativa - Berlusconi comanda perché non esiste un'alternativa forte, sentenzia Andrews. Al punto che riscuotono successi personaggi come Antonio Di Pietro, “che recentemente ha fatto pubblicare sulla stampa estera un avviso per chiedere agli stranieri che la democrazia italiana venga salvata”, e come il comico Beppe Grillo: entrambi sintomi di un'alternativa di governo che non esiste.