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Zapatero affonda le Borse

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Il premier spagnolo si difende: "Il sistema finanziario è solido"

Michela Ravalico
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Non si arresta l'ondata di vendite sui listini azionari europei sulla scia della speculazione innescata giovedì dai timori sulla tenuta dei bilanci di Grecia, Spagna e Portogallo. A Piazza Affari, il Ftse All Share e il Ftse Mib hanno perso entrambi il 2,75%. Molto male anche i listini europei. Maglia nera a Parigi (-3,40%) seguita da Amsterdam (- 2,53%), Zurigo (-2,07%), Francoforte (-1,79%),  Londra (-1,53%).  Frenano rispetto a giovedì le vendite su Madrid (-1,35%) e Lisbona  (-1,36%) mentre ad Atene, secondo quanto riporta il sito dell'Athens  stock exchange, le perdite sono ancora elevate (-4,03%). Zapatero - Il premier spagnolo Jose Luis Rodriguez Zapatero, finito nel mirino di chi vede in lui e nella sua politica il responsabile del tracollo economico della Spagna, difende il Paese. "Il sistema finanziario è solido" assicura da Washington,  dove è in visita dal presidente Obama. "I fondamentali della Spagna sono solidi, ma non sono tempi facili". Zapatero ha poi detto che il governo intende ridurre la spesa di 50 miliardi di euro entro il 2013, per riportare il deficit sotto il 3% e si è lamentato per le pressioni "speculative" dei mercati. segue l'articolo di Carlo Nicolato Il governo di Madrid annuncia la riforma delle pensioni, poi di fronte alle proteste dei sindacati ne cancella la parte più importante. Due economisti del livello mondiale come Nouriel Rubini e il Nobel Paul Krugman avvertono che la crisi spagnola potrebbe avere per l'Europa e l'euro effetti ancora più disastrosi di quella greca. A loro si unisce Bruxelles che suggerisce al governo di Madrid riforme e rigore. Qualcuno all'interno del partito socialista comincia a mettere in dubbio la leadership di José Luis Zapatero. I Popolari attaccano da destra e chiedono elezioni. L'Ibex, l'indice dei titoli quotati alla borsa di Madrid, perde in un solo giorno il 5,9% (peggior calo in 14 mesi), trascinando nel panico le altre borse mondiali (Milano - 3,45%), compresa quella di New York. Il tutto mentre il capo del governo, pur di incontrare Obama, si trovava in America al National Prayer Breakfast (evento patrocinato dall'organizzazione cattolica conservatrice “The Family”), tradendo di fatto tutte le battaglie laiciste, atee, anticlericali e antifamiglia fatte finora  in Patria. In questa atmosfera da “si salvi chi può” perfino El Pais, il quotidiano spagnolo socialista per eccellenza, si è dissociato dal premier e ha lanciato l'allarme. In un editoriale titolato “Manca rigore politico” il giornale si chiede se il Programma di stabilità presentato dal governo all'Unione Europea riuscirà davvero a ridurre il deficit. Ma soprattutto accusa il governo di mancanza di rigore: «La politica economica - scrive El Pais - chiede qualcosa di più che semplici dichiarazioni; esige rigore politico, spiegazioni dettagliate su dove, come e in che quantità si ridurranno le spese». Finalmente anche i socialisti hanno tolto i paraocchi e si sono accorti che il “re è nudo”. Decisive sono state le parole del commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, che ha messo in un solo calderone le economie di Spagna, Grecia e Portogallo. Parole che il vicepremier e ministro dell'Economia, Elena Salgado, ha definito poco prudenti ed eccessivamente esemplificatrici. Secondo la titolare dell'economia, la situazione della Spagna non ha nulla a che vedere con quella della Grecia «nè in termini di debito nè di solidità economica, dal momento che il governo iberico si sta impegnando per uscire dalla crisi». Decisivo è stato poi il dietrofront sulle pensioni, la cui riforma della minima (che porta gli anni contributivi da 15 a 25) è stata prima presentata alla Commissione europea nel Programma di stabilità e poi ritirata. Ma decisive sono state soprattutto le stime economiche negative sottoscritte dall'esecutivo nello stesso Programma di stabilità. Nel documento, il ministero dell'Economia conferma la stima del deficit all'11,4% del Pil del 2009, la previsione di crescita globale del debito pubblico dal 55,2% al 74,1% nel 2012 e un tasso di disoccupazione che ha superato la barriera dei 4 milioni di persone e che raggiungerà il 19% nel 2010. A questo si aggiunga lo studio della Caritas, reso pubblico proprio ieri, secondo cui in Spagna vi sarebbero 8 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà, e un milione e mezzo di persone in condizioni di povertà profonda ad alta esclusione sociale. La Spagna e l'Europa aspettano ora le decisioni di Zapatero. Ieri  ha preferito dileguarsi al National Prayer Breakfast di Washington, disquisendo di democrazia,  comunità multietniche  e citando la Bibbia a sproposito a Washington. Ha parlato al suo posto il portavoce del Psoe assicurando che il premier non ha nessuna voglia di lasciare: «Conoscendo Zapatero, per il suo senso di responsabilità e del dovere, è sensato pensare che la legislatura terminerà naturalmente nel 2012». Ma la Spagna non può permettersi di aspettare fino al 2012, e lo sanno pure i socialisti. Secondo José Maria Barreda, presidente della regione Castilla-La Mancha in quota al Psoe, basterebbe un rimpasto. Mentre  per Josè Felix Tezanos, dirigente dello stesso partito e direttore della rivista Temas, il problema sta proprio nel premier. Tezanos, uomo di Alfonso Guerra, socialista storico ed ex vicepresidente del governo di Felipe Gonzalez, chiede dunque le dimissioni di Zapatero e la costituzione di un governo di coalizione con i Popolari. Difficile però convincere il leader del Pp Mariano Rajoy, forte dell'ultimo sondaggio del Centro di Ricerche Sociologiche (Cis) che lo dà in vantaggio di 4 punti percentuali sui socialisti.  Il Pp sta piuttosto pensando di presentare una mozione di censura contro Zapatero per arrivare il più in fretta possibile ad elezioni anticipate. Il segretario generale del partito Maria Dolores de Cospedal ha annunciato l'avvio di consultazioni con i piccoli partiti dell'opposizione in vista della presentazione della mozione. Per raggiungere la maggioranza assoluta dei deputati, il Pp (153 seggi) dovrebbe ottenere l'appoggio di 23 deputati di altri partiti, cosa non impossibile a questo punto. di Carlo Nicolato  

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