E' reato dire "sei un gay"
Cassazione: "L'espressione può esprimere riprovazione e avere intento denigratorio"
"Sei un gay". Poche parole che, rivolte a qualcuno, diventano un reato. Anche se la persona cui sono rivolte è omosessuale, l'espressione è comunque considerata ingiuriosa. A deciderlo è la Cassazione, che ha confermato oggi una multa di 400 euro per ingiuria nei confronti di un vigile 60enne di Ancona. L'ingiuria - L'uomo il 17 novembre del 2002 aveva preso carta e penna e aveva scritto ad un collega mal sopportato, denunciando "il suo essere gay". Nel biglietto si leggeva anche che il rivale (per il posto di comandante della polizia municipale) "aveva trascorso una vacanza in montagna con un marinaio e che era stato allontanato da un club sportivo frequentato da ragazzini". Il termine "gay" - Dopo la denuncia, nel settembre 2006, in primo grado il giudice di pace di Ancona (settembre 2006) aveva condannato il vigile a una multa di 1500 euro per ingiuria, ridotta dal tribunale a 400 euro. Il legale della difesa aveva presentato ricorso sostenendo che "il termine gay di per sé non è offensivo e che nella specie non c'era animus nocendi dal momento che l'imputato nella lettera aveva dichiarato di nutrire simpatia per Luciano T., di essere laico e apertissimo e di non giudicare i costumi sessuali di nessuno". Ma Cassazione secondo la prima sessione penale, che si è allineata del tutto alla decisione del Tribunale di Ancona del maggio 2009, l'espressione è da censurare in quanto "per il contesto della sua utilizzazione esprime riprovazione per le tendenze omosessuali del contraddittorio e un inequivoco intrinseco intento denigratorio". Inoltre "non vi è spazio per la prova liberatoria" nei confronti del vigile urbano.