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Oggi 7 aprile, memoriale del genocidio in Ruanda

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Su Libero-news la testimonianza di un ragazzo che l'ha vissuto sulla sua pelle e ora vive e studia in Italia

Michela Ravalico
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Mi sono permesso di scrivere questa pagina per un motivo molto semplice che è quello di rendere omaggio ai miei cari scomparsi durante il genocidio, ma anche per condividere con tutti la gioia di vedere il Ruanda oggi così come è , dopo tutto quello che è successo durante il genocidio. Certo il mio sarà soltanto un accenno, direi anche un stimolo per l'approfondimento della storia del Ruanda, perché ritengo che guardandola bene, si riesce a capire che tutti siamo forti ma nello stesso tempo tutti siamo deboli. Per chi conosce già la storia del genocidio in Ruanda,  dico soltanto che c'è bisogno di ricordare il passato, ma c'è anche l'urgenza e  la necessità di andare avanti. La storia - Nell'aprile del 1994, il Ruanda, detto il paese delle mille colline, divenne il paese di mille problemi: scoppiò il genocidio. Le radici del genocidio risalgono al tempo del colonialismo in Africa. Il moto dei colonizzatori Divide et impera ha avuto molto successo in Ruanda che poi ha portato al genocidio. In effetti prima del colonialismo i nomi Hutu, Tutsi e Twa esistevano in Ruanda ma con il senso di tutto diverso da quello che ha avuto dal colonialismo in poi. Mentre prima del colonialismo essere Hutu, Tutsi o Twa era un fatto di distinzione tra allevatori (Tutsi 14 per cento), coltivatori (Hutu 85 per cento) e cacciatori (Twa 1 per cento), dal colonialismo in poi la distinzione è diventata divisione. Il colonialismo - Tedeschi e belgi, per lo sfruttamento coloniale si appoggiarono ai Tutsi ai quali  apparteneva il re, unificando il paese e sottomettendo gli Hutu. Poi pian piano iniziano a distinguere i tutsi, i hutu e i twa non solo da ciò che possedevano ma arrivano a distinguerli dal loro stato fisico corporeo; e così i Tutsi venivano considerati i più alti e belli, i Hutu considerati i bassi e meno belli mentre i Twa erano considerati i più bassi e brutti e tante altre affermazioni che non c'entrano niente con la realtà. Il concetto di razza - Con la colonizzazione tedesca e belga fu' così introdotto in Ruanda il concetto di razza, che trova la sua massima espressione razziale nel 1933 quando i belgi inserirono l'etnia sui documenti ufficiali di carta di identità. Nella stessa carta di identità c'era scritto l'etnia di ciascuno, e quindi era una seconda identità che serviva solo per separare i ruandesi. Da qui iniziano delle divisioni basati sulle etnie, nelle scuole, nel lavoro etc. A scuola già dal primo elementare dovevi sapere la tua etnia. Questo odio cresceva pian piano e nel 1959 i primi tutsi vengono ammazzati altri vengono cacciati dal paese e vanno nei paesi limitrofi. Quelli che erano stati cacciati dal paese chiedevano sempre di tornare in Ruanda ma la risposta famosa era "Il Ruanda è pieno come un bicchiere di acqua, e quindi non avrebbero avuto posto dove abitare!". A un certo punto questi decidono di tornare con la guerra. Dal 1990 iniziano la guerra contro il governo ruandese che non li voleva, fino a 1994 quando l'aereo del presidente del Ruanda Juvenal Habyarimana viene messo a fuoco. Erano quasi le ore 20.00 e da lì la radio nazionale e la televisione iniziano a dare degli avvisi terrorizzanti dicendo di non uscire da casa, che erano dei tutsi che avevano ammazzato il presidente e quindi i tutsi dovevano morire senza lasciare nessuno. Così dal giorno 7 aprile inizia il genocidio. Il genocidio - Ogni anno il giorno 7 aprile, il Paese fa il memoriale del genocidio:  è durato circa 100 giorni dal 6 aprile al 19 luglio 1994 . Il caso più ricorrente del genocidio in Ruanda è  quello del  marito Hutu che ammazza la moglie  Tutsi, lasciando i suoi figli perché nella cultura ruandese si prende l'etnia del padre e non della madre. Sembra una favola eppure è un fatto che tanti ruandesi hanno avuto sui loro occhi. Quindi un fattore importante non era solo quello di assicurarsi il controllo di territori o risorse economiche eliminando gli oppositori reali o potenziali, ma come in tutti i casi di genocidio,  il massacro dei tutsi in Ruanda nel 1994 era un fine e non un mezzo.  Durante il genocidio in Ruanda i tutsi sono stati uccisi a colpi di machete e di armi da fuoco, altri sono stati bruciati vivi sia nelle loro case che all'area aperta, altri sono stati sepolti vivi. Durante la giornata si andava alla caccia di chi non si riusciva a trovare con i cani, come si caccia un animale selvatico. Le donne e le bambine furono violentate, tante di loro presero delle malattie sessualmente trasmissibili tra cui l'Aids. Le case, le chiese, i luoghi pubblici come le scuole e altri uffici, sono stati distrutti e bruciati per togliere ogni possibilità ai tutsi di potersi nascondere. La rinascita -  Sapere il motivo per cui i ruandesi sono riusciti a vivere di nuovo insieme rimane un mistero come lo è anche il motivo più profondo per cui si sono ammazzati tra di loro. Durante il genocidio era diffusa la frase “il Dio dei tutsi è stato ammazzato prima di loro”! Vi assicuro che solo la fede poteva contraddire questa teoria. È notevole l'impegno del governo post-genocidio che ha perseguito una politica di "unità e di riconciliazione". Prima del genocidio, chi non si sentiva offeso dalla sua etnia si sentiva superiore agli altri. Nella carta di identità c'era scritto l'etnia di ciascuno, ma dopo il genocidio nella carta di identità c'è scritto solo ruandese e niente di etnia. Subito dopo il genocidio del 1994, sembrava che non ci sarebbe stata più possibilità di vedere hutu e tutsi insieme. Eppure oggi, a 16  anni di distanza, le persone vivono insieme come prima direi anche meglio di prima, si sposano tra di loro, si mangia insieme, chi ha perso il figlio, marito o moglie abita accanto a chi li ha uccisi e lo Stato aiuta tutti a cercare di andare avanti, supplicando chi ha commesso un delitto di chiedere perdono e chi ha subito l'ingiustizia di dare il perdono. I ruandesi riescono a studiare senza nessuna discriminazione e questo per i ruandesi è un passo molto grande. Tra le cose belle che il Ruanda ha fatto per riconciliare il paese c'è  Gacaca, una forma di giustizia ispirata alla tradizione locale, istituito per gestire le centinaia di migliaia di persone accusate di crimini durante il genocidio.  Tutti i ruandesi in generale si sono resi conto che ormai qualcosa deve cambiare e ciascuno deve prendere la propria responsabilità. Non è un percorso facile ma non per questo è impossibile. I passi che fa il Ruanda giorno per giorno in tutti i campi, danno una grande speranza.  Si cerca di andare avanti a tutti i costi. La testimonianza di Jean Paul Habimana raccolta da Maria Acqua Simi

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