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Caccia, sì al posticipo dei termini

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Il calendario venatorio potrà essere prolungato dalle Regioni su preventivo pare dell'Ispra

Eleonora Crisafulli
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I termini del calendario venatorio potranno essere posticipati. A deciderlo è la commissione Agricoltura della Camera che ha approvato a maggioranza, con 21 voti a favore e 17 contrari, il subemendamento all'articolo 43 della legge comunitaria.  Le Regioni potranno prolungare il periodo di caccia su preventivo parere dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra). L'emendamento - Il testo, presentato dal relatore Isidoro Gottardo (Pdl), prevede, infatti, che «fermo restando le disposizioni relative agli ungulati, le Regioni possono posticipare i termini in relazione a specie determinate e allo scopo sono obbligate ad acquisire il preventivo parere di validazione delle analisi scientifiche a sostegno delle modifiche da apportare, espresso dall'Ispra, sentiti gli equivalenti istituti regionali ove istituiti e riconosciuti dalla commissione Europea, al quale dovranno uniformarsi. Il preventivo parere dovrà essere reso entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta». Nel testo votato è inoltre previsto il divieto di caccia per ogni singola specie «durante il ritorno al luogo di nidificazione, durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli». Gli animalisti - La votazione è stata anticipata da una manifestazione di animalisti. Al grido di "No alla caccia selvaggia" e "Massacro annunciato", i difensori degli animali hanno ribadito la loro contrarietà all'emendamento. In un comunicato congiunto l'Ente Nazionale per la Protezione Animali (Enpa) e la Lega Antivivisezione (Lav) hanno spiegato che la proposta di dare alle Regioni il potere di sparare senza limiti e di estendere fino al 20 febbraio il calendario "sono errori gravissimi, proposte aberranti che non costituirebbero una mediazione ma un cedimento vero e proprio nei confronti degli estremisti delle doppiette. L'approvazione di tali proposte significherebbe sparare al cuore stesso della migrazione, colpire la natura nella fase piùimportante del suo ciclo vitale, ignorare l'Unione Europea e le sue regole di tutela della vita selvatica, colpire la cultura del nostro Paese, dichiaratamente ostile alla caccia come tutti i sondaggi degli ultimi anni hanno confermato". Nel comunicato gli animalisti chiedevano infine di fermare il provvedimento e stabilire "regole di pace con la natura".

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