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Fini allo spiedo

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Il giorno più lungo. Ministri e parlamentari parleranno per otto ore della sua iniziativa. Poi spetterà a Silvio decidere. Strategia per rosolare in presidente della Camera

Albina Perri
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di MARIO GIORDANO-  Riuscire a perdere anche quando si vince. In fondo, a pensarci bene, Fini è un po' come Balotelli, anche se con meno talento: butta la maglia per terra nel momento del trionfo. Le ragioni delle bizze,  in entrambi ai casi, appaiono incomprensibili ai più: è una specie di follia autolesionista, masochismo senza senso, un insano desiderio di autodistruzione. L'uno nero di pelle, l'altro di formazione, entrambi amati dai circoli radical chic, con tanta voglia di esibirsi e poca di applicarsi, Fini e Balotelli  sono fatti così: s'infuriano se la loro squadra svetta a San Siro o alle elezioni regionali. Tutto lo stadio applaude, loro cercano i fischi; i compagni volano  verso la finale di Champions, loro fanno di tutto per finire fuori dal campo.  Inevitabilmente destinati alla sostituzione. Nessuno ancora sa come andrà oggi l'attesissima direzione del PdL. Ma la domanda che alcuni militanti e dirigenti del PdL si fanno è la seguente: Fini ritenne impossibile presentarsi a piazza San Giovanni, alla recente manifestazione per la campagna elettorale del centrodestra, perché disse che l'attività politica è incompatibile con la sua carica istituzionale; ebbene, ora che invece si mette a fare attività politica, non sarà forse diventata incompatibile la sua carica istituzionale? C'è chi giura di averlo sentito dichiarare, in un recente colloquio, di essere disposto a fare le valigie e a lasciare la cadrega di Montecitorio in 5 minuti. Proprio così: 5 minuti. Se fosse vero è la dimostrazione che aveva ragione la mia mamma quando m'invitava a chiudere la finestra: stai attento, la corrente può fare male… Ma sì, la corrente può fare male. E in effetti sarà buffo oggi alla riunione vedere Fini che parla per terz'ultimo dopo Berlusconi (introduzione di 3 minuti), i coordinatori (Denis Verdini  farà una relazione tecnica, Ignazio La Russa parlerà dei rapporti con la Lega, Sandro Bondi sui valori del partito) e tutti i ministri, uno per uno, che illustreranno i risultati ottenuti dal governo. Solo a questo punto toccherà a lui, insieme a Gianfranco Rotondi e a Carlo Giovanardi, tutti e tre chiamati a intervenire come cofondatori del PdL. Voi capite? C'è la corrente del presidente della Camera e c'è quella dei Popolari liberali, che vantano come loro grande successo lo 0,6 per cento alle regionali piemontesi. Roba forte, s'intende: ma arrivati a questo (misero) punto si può continuare a essere terza carica dello Stato? Le correnti sono metastasi, dice ora Berlusconi. Le correnti sono metastasi, diceva una volta Fini. Evidentemente oggi Gianfranco ha cambiato idea. «Il PdL mai dovrà organizzarsi secondo la degenerazione della democrazia che è la correntocrazia, nessuno pensi di costituire la corrente di An», sentenziò quando aderì. Le correnti oggi non hanno più senso, ha ribadito solo pochi mesi fa a Bruno Vespa. Come mai invece oggi batte le stesse strade di un antico doroteo? Fra l'altro, almeno i dorotei, quando facevano le correnti  le riempivano di voti. Fini, al massimo, le riempie di vuoti. Prima ha provato a fare i gruppi parlamentari, poi ci ha rinunciato perché non aveva i numeri. Quindi ha provato la scissione, poi ci ha rinunciato perché non aveva i numeri nemmeno per quella. Avrà i numeri almeno oggi per presentare una stitica mozione? O meglio: avrà i numeri? Fra l'altro, una volta deciso di presentare la mozione, il problema sarà che cosa scriverci dentro. Finora dal coté finiano sono arrivate tante urla catodiche, ma poche indicazioni precise. Il presidente della Camera dice che manca la democrazia nel partito? Se non altro nel PdL la direzione si è già riunita due volte, ogni quindici giorni si riunisce l'ufficio di presidenza, vengono ascoltati i pareri dei coordinatori locali: qualcuno forse oggi in direzione ricorderà che cos'era, al confronto,  il sultanato di An... Che cos'altro si contesta? La politica economica di Tremonti? Ha salvato l'Italia. La bozza sul federalismo di Calderoli? Solo una proposta della Lega per avviare il dibattito.  L'egemonia della Lega? Ma se al governo hanno solo 3 ministri (Maroni, Bossi, Calderoli) contro 20... L'impressione che le obiezione sollevate dagli scissionisti finiani e finiti siano puri pretesti. Sui rapporti con la Lega, fra l'altro, molte cose le dirà nella riunione odierna Ignazio La Russa: in fondo era lui, coordinatore del PdL per conto di Fini, a informare il presidente della Camera di tutto quello che si diceva nelle cene del lunedì di Arcore. Quando poi non seguiva l'incontro del martedì fra Berlusconi e il medesimo Fini. Fra l'altro, in termini di egemonia e rapporti di forza, qualcuno ha fatto notare al premier in queste ore che, mentre Bossi è sempre andato ad incontrarlo a Villa San Martino, al contrario l'ex leader di An ha sempre preteso che fosse il presidente del Consiglio a muoversi per andarlo a riverire. Come a volersi far baciare la pantofola.  O meglio, la pinna da sub. Monarchia assoluta? Cesarismo? Ai suoi collaboratori  Berlusconi ha ricordato in queste ore che almeno due volte recentemente ha accettato decisioni prese a maggioranza dall'ufficio di presidenza del PdL su cui lui era in totale disaccordo: voleva un out out con l'Udc per le regionali (o alleanza dappertutto o da nessuna parte) e voleva l'alleanza con la Poli Bortone che avrebbe  permesso la vittoria in Puglia. Entrambe le proposte furono bocciate. Il premier, comunque, è andato in Puglia a sostenere diligentemente Rocco Palese, il candidato che non voleva. A differenza di Fini che, invece, ha voluto la Polverini per il Lazio e poi non è andato nemmeno a un comizio. Al massimo l'ha invitata a prendere un caffè a Montecitorio. Di nascosto, però. Risultato? I rapporti fra i due non sono mai stati così tesi. Nelle stanze del governo gira un documento in cui si elencano le 14 volte in cui Fini si è opposto ai provvedimenti della giustizia: dal processo breve («Fini si è adoperato in ogni modo per non consentirne l'approvazione…»), alle intercettazioni, dal codice di procedura penale («Le trattative con Fini sono state estenuanti») all'immigrazione clandestina. Conclusione: «L'azione di Fini si è connotata per un contrasto continuo rispetto all'azione di governo». Strano, no? Il governo va e lui lo contrasta, il suo schieramento vince le elezioni e lui la prende male. C'è la possibilità di conquistare la Champions, ma sceglie di  essere perdente. Proprio come Balotelli. Giocatori destinati a invecchiare su una panchina.

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