Cerca
Cerca
+

Sarà quella di Bocchino la prima testa a cadere

default_image

Il sacrificio del capretto espiatorio. Se dovesse passare la mozione di sfiducia dei berlusconiani, potrebbe essere il primo finiano a pagare

Eleonora Crisafulli
  • a
  • a
  • a

di Mattias Mainiero - Oggi è un finiano doc, il pasdaran della rottura. Domani, se dovesse passare la mozione di sfiducia che i berlusconiani stanno preparando contro di lui, potrebbe essere il primo finiano a pagare - lasciando la vicepresidenza del gruppo Pdl a Montecitorio - la scelta di stare con il presidente della Camera. La mozione è quasi pronta. Questione di poco e arriverà, salvo sempre possibili ripensamenti, a destinazione. Oggi e domani, cronaca già scritta o in via di scrittura, fatti noti. Non molti sanno, però, cosa successe ieri a Italo Bocchino, politico, giornalista e pure editore (il quotidiano napoletano Roma e l'Indipendente), amante dell'arte e del cinema, oltre che dei bei vestiti, finiano irriducibile che con Fini litigò, berlusconiano convinto che a Berlusconi ha dichiarato guerra ancor più del suo leader. Questa è la storia di un “capretto espiatorio” (Italo non è molto alto), la storia di un ragazzo che partì da Frignano, pochi passi da Aversa, provincia di Caserta, e che nel giro di pochi anni ha bruciato tutte le tappe: dalla militanza nel Msi e nel Fuan alla collaborazione con Pinuccio Tatarella, poi l'elezione alla Camera nel 1996 e nel 2001, la candidatura alla presidenza della regione Campania, il passaggio al Pdl allora molto amato, il nuovo successo elettorale, la poltrona di vicecapogruppo alla Camera. Una carriera lampo, con un intoppo e una grande amarezza. E sapete chi fu a freddare all'epoca Italo Bocchino? Gianfranco Fini, l'amico di oggi, il capo che non si discute. La prima amarezza Anno 2006. Racconta chi conosce bene l'ambiente: «Italo era intimissimo di La Russa e Gasparri. Un'amicizia non solo politica». I tre militano nella corrente Destra Protagonista. Bocchino è il numero tre, e anche il più giovane e vulnerabile del gruppetto. Per sostenere la corrente, lui che è appassionato di editoria, ha pure fondato un giornale. Ovviamente, il giornale si chiama Destra Protagonista. Quella corrente, però, non piace a Fini (detto per inciso: lo stesso Fini che oggi ha cambiato idea sulle correnti che non sono più metastasi). È guerra aperta. «Ma La Russa e Gasparri sono pezzi da novanta, intoccabili. Nessuno si azzarderebbe mai a far loro uno sgarro». E così, pensa e ripensa, le attenzioni finiane si concentrano su Bocchino: circoscrizione Campania 2, quella che non comprende Napoli. Per giunta, Bocchino si ritrova in lista al quinto posto. Prima di lui, Fini, Landolfi, Cirielli e Giulia Cosenza. «Italo ce la fa, ma solo per il rotto della cuffia, e una volta in Parlamento per lui non trovano nulla di meglio della commissione Affari costituzionali». Ma Bocchino è uno che non molla. Un lottatore come pochi, a dispetto del fisico minuto. Merito, forse, di una lunga gavetta cominciata quando aveva ancora i calzoni corti. La prima apparizione politica di Italo Bocchino è a Perugia, metà degli anni Ottanta, quando Luciano Laffranco, storico leader degli universitari e padre dell'attuale deputato Pietro Laffranco, si presenta con al seguito un ragazzetto di appena sedici anni. Italo, però, non è perugino. È nato, lo abbiamo visto, a Frignano. In Umbria ci sta per via del padre, direttore delle Poste, trasferito lì per questioni di ufficio. Ed è proprio Laffranco il primo maestro di Italo. Da lui, che ha una libreria in via Maestà delle Volte, eredita la passione per la lettura. Assieme a lui comincia a frequentare gli ambienti universitari che lo porteranno alla militanza nel Fronte della Gioventù. Assieme a lui frequenta anche La Russa, Gasparri, Malgieri, Sangiuliano. È la futura classe dirigente di An, un gruppo che confluirà poi nella corrente Destra in Movimento, che diventerà anni dopo Destra Protagonista. Il capo della corrente è Pinuccio Tatarella, l'uomo che permetterà la nascita di Alleanza Nazionale, il vero leader della svolta. Fu Tatarella ad avere l'intuizione politica. Fini ebbe un grande e indiscutibile merito: scelto da Tatarella, andò avanti lungo la strada segnata da Tatarella, senza cambiare idea cammin facendo. Ma questa è un'altra storia, molto più complessa. Torniamo al giovane Italo. Svolta con Tatarella Trasferitosi a Roma, Bocchino diventa assistente parlamentare di Pinuccio Tatarella. Ma c'è un problema: nella Capitale gli affitti costano cari, e Italo non è ricco di famiglia. Così, non potendosi permettere una casa in proprio e un letto, finisce sul divano di un salotto. La casa è quella di Maurizio Gasparri, tra l'altro fresco sposo. Anni dopo, quando fu Gasparri ad avere problemi abitativi (lavori di ristrutturazione), i divani si invertirono: era Maurizio a dormire nel salotto di Italo. Commento ironico di chi li conosce entrambi: «Condivisero i divani e oggi litigano per le poltrone». I maligni non mancano mai. A Roma, Bocchino è anche praticante giornalista al Secolo d'Italia. Siede alla scrivania con Mario Landolfi, campano di Mondragone, futuro ministro delle Comunicazioni. A lui spetta il pastone politico. Il direttore è Gennaro Malgieri, altro campano, corsi e ricorsi di un gruppo di amici quasi fraterni: si conobbero a Perugia, si frequentarono a Roma. Furono molto vicini. Oggi, chi da una parte e chi dall'altra del PdL in guerra. Nel frattempo, Italo ha anche tentato la strada delle elezioni. Una prima volta gli va male. Candidato sindaco di Frignano, il paese natale. Perde per poche decine di voti. Una seconda volta gli va bene: eletto deputato, anno 1996, per An nella Circoscrizione Napoli 2. Deputato a soli 29 anni (è nato nel 1967, mese di luglio, giorno 6, sotto il segno del Cancro). La scuola di Tatarella - e Tatarella in persona - ha sfornato molti prodigi. Il ragazzo di Frignano è ormai un giovane adulto lanciato verso i vertici della politica nazionale. Nel frattempo, ha anche trovato moglie: Gabriella Buontempo, figlia di Eugenio, imprenditore della “Napoli da bere” degli anni Ottanta, grande amico dei big socialisti Signorile e Di Donato. A proposito di Buontempo e soprattutto dei maligni di cui sopra. Questa è la loro versione. Onestamente, non sappiamo se corrisponda a verità. Però è una versione ricorrente e simpatica. Conviene raccontarla. «Quando Fini, anni fa, scelse di puntare su Italo Bocchino, lo fece anche grazie al cognome Buontempo. La destra di allora, a Napoli, era soprattutto una destra laurina, molto radicata nei quartieri popolari, fortissima nei vicoli del centro storico. I salotti bene erano irraggiungibili». E Buontempo della “Napoli da bere” fece il miracolo politico. Una malignità, forse. Ma le strade della politica sanno essere infinite almeno quanto quelle dei salotti bene. E quanto quelle di Italo Bocchino, l'irriducibile finiano che fu silurato da Fini, l'antiberlusconiano di oggi che solo fino a pochissimo tempo fa è stato uno dei più convinti assertori della necessità di far nascere il Pdl. Persino Wikipedia, enciclopedia online, a Bocchino berluscones dedica un po' di spazio: «È stato uno dei sostenitori del progetto per la creazione del PdL come grande partito del centro-destra, nel quale Alleanza Nazionale è confluita insieme a Forza Italia». Granitica convinzione durata pochi mesi. Pinuccio, dove sei, Pinuccio Tatarella, maestro di Italo e uomo del nuovo Msi, sostenitore della svolta e della necessità di andare oltre? E pensare che Tatarella ha davvero avviato alla politica molti prodigi. Molti, non tutti. Ma questo lo dicono i maligni, sempre immancabili.

Dai blog