Pdl-Fini: è guerra fredda
L'ex An ribadisce lealtà assoluta alla maggioranza e al programma elettorale. Berlusconi scettico sul dietro front. Intanto Laboccetta, tra i firmatari del documento di solidarietà al presidente della Camera, dice ciao: "Una corrente organizzata porta a frantumazione"
Gli indici alzati e le crisi di nervi archiviati. Gianfranco Fini pare giunto a più miti consigli dopo aver fatto la conta dei suoi. Quegli undici, teneri, voti a favore lo hanno calmato come avrebbe fatto lo Xanax. Eccolo lì, il rivoluzionario della destra, a moderare i toni e a schiarirsi la voce da Lucia Annunziata. "Di scontato c'è una cosa: l'assoluta lealtà nei confronti degli elettori e nei confronti di questo governo, mia e da parte di quelli che dicono Fini ha ragione, ma non è acquiescenza nei confronti di eventuali decisioni, che sono rispettate soltanto se sono discusse e se sono motivate", ha detto il presidente della Camera a "In mezz'ora". Concetto ribadito anche più tardi, durante la riunione con i fedelissimi convocata alle 18 in Sala Tatarella a Montecitorio. "Parlare di voto anticipato è da irresponsabili, praticamente un'auto-denuncia del "fallimento" del governo", ha continuato, sorridente. Nei prossimi giorni tornerà ancora in televisione e oggi riunirà ancora i 'suoi' alla Camera. L'obiettivo "è far sentire la sua 'voce politica' dall'interno del Pdl. In vista - assicura - non c'è la creazione di nessun nuovo partito, né l'intenzione di logorare il governo con imboscate". Sarà: ma la marcia indietro di Fini è sospetta. Lega e Pdl, per bocca di Sandro Bondi, fanno intanto sapere a Fini che se si dovesse comunque ricorrere alle urne sarebbe tutta colpa sua. E non sarebbe una mossa da irresponsabili, ma una strada obbligata per poter iniziare a pensare ale benedette riforme. La proposta - Dalla riunione in Sala Tatarella con i fedelissimi, Gianfranco Fini lancia un'idea per il futuro della maggioranza e del Pdl. "Facciamo un seminario per le proposte per un Pdl più forte. Facciamo una sorta di piattaforma, un convegno nazionale per illustrare questa piattaforma per un Pdl più forte". Laboccetta scarica Fini - Era uno dei pochi ad aver firmato il documento di solidarietà a Fini. Ma Amedeo Laboccetta ha già cambiato idea e dice ciao al presidente della Camera. "Resto amico di Fini, ma non condivido la sua posizione. Come faccio a far parte di una componente organizzata? Non ne posso far parte". Laboccetta, tra i firmatari del documento di solidarietà a Gianfranco Fini la scorsa settimana, non vuole spingersi oltre: "Credo ancora in una riconciliazione tra Berlusconi e Fini, ma come si farà quando nei prossimi giorni si chiameranno gli amministratori locali a scegliere? E a scegliere tra cosa, tra due linee politiche? Io resto con la linea politica che ci ha fatto vincere". Il parlamentare Pdl ha paura che "una componente organizzata possa portare a una frantumazione” e non risparmia parole dure contro Italo Bocchino: "E' un soggetto di rottura, non sa mediare e la sua conduzione è stata fallimentare. E poi fa millantato credito: a me, Bocchino, non mi rappresenta. Forse parla a nome di altri, ma non certo a nome mio". Il premier Berlusconi per primo non è convinto. L'ipotesi "fuori Fini" è ancora nei suoi pensieri. Ma le colombe "pontiere", primo tra tutti Letta, lo stanno convincendo a far buon viso a cattivo gioco. Se Fini non dovesse mettersi di traverso più di tanto sulla via delle riforme, lo si potrebbe tollerare. Le elezioni, infatti, potrebbero non essere così facilmente spiegabili al popolo del Pdl, appena eccitato e caricato dalla vittoria alle Regionali. Il ricorso al voto sarebbe l'ennesima mossa da "partitocrazia", proprio quello che il centrodestra non deve rappresentare. Bocchino si piega- Pure Italo Bocchino sembra rientrare nei ranghi. La scoppola alla Direzione di giovedì lo ha reso rassegnato. C'è una crisi coniugale, dice il più vicino a Fini, ci si può lasciare e divorziare, ma tutto sommato è meglio restare separati in casa. "Vivere da separati in casa -spiega- altro non è che dividersi in maggioranza e minoranza, con una veloce convocazione del congresso e regole certe per la convivenza, stabilendo con chiarezza che la minoranza non può sabotare partito e governo e che la minoranza ha diritto a veder dibattute le sue proposte nelle sedi di partito e a vedersi proporzionalmente rappresentata e tutelata negli spazi politici". Cioé: equa divisione delle poltrone, anche se la Lega sta prendendo piede e quindi pretende di più. A rompere le uova nel paniere ora potrebbe essere proprio la Lega: Fini vuol restare, ma la sua presenza frena il federalismo. Dice per esempio Roberto Castelli: "La posizione pubblicamente assunta dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, sul tema delle riforme e dei rapporti tra Pdl e Lega, renderà particolarmente difficile la strada verso il federalismo". Bossi è oggi l'incognita in questa situazione di stallo: lui potrebbe scocciarsi per primo e far saltare l'equilibrismo. Lega e Pdl, per bocca di Sandro Bondi, fanno intanto sapere a Fini che se si dovesse comunque ricorrere alle urne sarebbe tutta colpa sua. E non sarebbe una mossa da irresponsabili, ma una strada obbligata per poter iniziare a pensare alle benedette riforme. "Irresponsabile non è chi parla di elezioni ma chi rischia di provocarle", dice infatti Calderoli. Non un fallimento "della maggioranza, ma la conseguenza inevitabile dell'atteggiamento irresponsabile di chi divide la maggioranza senza ragione e senza riguardo per il bene dell'Italia", segue Bondi. Nel dibattito s'intromette pure Bersani: con questo governo niente riforme, dice giusto per distendere i toni all'indomani della tirata d'orecchie di Napolitano. In questa maggioranza "non ci sono le condizioni per affrontare le riforme", spiega senza lasciare spazio al dubbio. La guerra è fredda, dunque, ed è appena incominciata. Le elezioni non giovano a nessuno e si farà di tutto per evitarle. Salvo colpi di testa o studiate strategie di avvicinamento allo schieramento "nemico". Albina Perri