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Nel PdL nasce la corrente del Cav

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Gli ex colonnelli pronti a scendere in campo in tutta Italia con la benedizione di Silvio. Che conta su di loro per fare terra bruciata attorno al cofondatore

Albina Perri
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di Fausto Carioti- La tumulazione politica di Gianfranco Fini è avvenuta ieri. Non nel Popolo della libertà, dove era stata compiuta già da un pezzo, tanto che da mesi nessuno s'illudeva che l'ex leader di An avrebbe potuto avere qualche chance nella successione a Silvio Berlusconi. Il rituale stavolta è avvenuto dentro al “suo” partito, la vecchia Alleanza Nazionale, che lui aveva voluto fondare e portare nel PdL e che ieri, in stragrande maggioranza, ha dichiarato ufficialmente chiusa l'epoca di Fini. Per ora in Lombardia, dove Ignazio La Russa ha fondato la sua “area”, chiamata “La nostra Destra nel PdL”. E presto in altre parti d'Italia, dove sono in preparazione iniziative analoghe, al momento tenute coperte. La Russa: «Tutti noi dobbiamo qualcosa a Gianfranco Fini. Ma nessuno di noi deve tutto a Fini» L'epitaffio l'ha pronunciato lo stesso La Russa: «Tutti noi dobbiamo qualcosa a Gianfranco Fini. Ma nessuno di noi deve tutto a Fini». Tradotto: grazie Gianfranco, ma non siamo più dei tuoi. Del resto, la rottura del cordone ombelicale che univa il presidente della Camera a tanti dei suoi “colonnelli” si era già consumata nella conta con cui si era conclusa la direzione del PdL; ieri è solo diventata ufficiale. In seguito, parlando con Libero, il fondatore di Destra nel PdL ha avuto parole ancora più dure nei confronti del suo ex mentore: «La vera Alleanza nazionale siamo noi, la roba di Fini stento anche a chiamarla destra». Lo strappo, ad ogni modo, non è personale, ma politico: sui temi bioetici, sociali e dell'immigrazione, la nuova creatura è agli antipodi rispetto alla destra “moderna” che ha in mente Fini, e semmai intende recuperare la tradizione della destra “vera” in materia di difesa della vita e legalità. Come si capisce già dalle prime battute, dal rispettoso commiato alla guerra totale il passo sarà molto breve. Perché Destra nel PdL arriva proprio per fare terra bruciata attorno a Fini. Con la benedizione di Berlusconi, ovviamente. Il quale ha accettato che nascesse una nuova “componente” del suo partito (vietato chiamarla corrente, e comunque è talmente allineata alle posizioni del premier che non avrebbe senso farlo) proprio in vista della scissione di Fini e i suoi, e anche per far capire al presidente della Camera che, dentro al PdL, ormai lui è straniero in terra straniera. Ma sono prezzi che Berlusconi accetta di pagare volentieri per impedire che l'addio di Fini - dato per scontato anche se forse non imminente - comporti anche l'addio al PdL di molti esponenti della vecchia An Per Berlusconi si tratta di un piccolo sacrificio: ammettere che esiste ancora un'area di An nel partito vuol dire riconoscere che l'amalgama con Forza Italia, specie sul territorio, non è stato così perfetto come si vuole far credere. Ed è chiaro che Destra nel PdL nasce anche per distinguersi dalla Lega di Umberto Bossi, miglior alleato del Cavaliere. Come spiega il sottosegretario allo Sviluppo Stefano Saglia, che aderisce alla nuova iniziativa, «ci sono due domande alle quali vogliamo dare risposta. La prima è come si fa la destra dentro il PdL. La seconda come si fa il PdL al Nord, da alleati ma anche da concorrenti della Lega. Per questo, tra le prime cose che stiamo pensando di fare, c'è il Manifesto del Nord del PdL su crescita, sviluppo, lavoro». Un manifesto che non sarà alternativo al federalismo leghista, ma sicuramente devierà dall'ortodossia bossian-tremontiana. Attendiamoci quindi prese di distanza dal Carroccio, senza le quali Destra nel PdL non avrebbe senso. Ma sono prezzi che Berlusconi accetta di pagare volentieri per impedire che l'addio di Fini - dato per scontato anche se forse non imminente - comporti anche l'addio al PdL di molti esponenti della vecchia An. Per costoro, infatti, da ieri la scelta non è più tra la fedeltà al vecchio “capo”, Fini, e al nuovo arrivato, Berlusconi. Adesso c'è un soggetto politico che dichiara la sua appartenenza alla “Destra” già nel nome e che promette ai suoi di restare nel partito che ha la maggioranza relativa dei voti degli italiani. Un modo, insomma, per mettere insieme il cuore (che per molti ex aennini, specie se ex camerati, conta ancora tanto) e il cervello, offrendo una speranza di salvezza a quelli che al Nord guardano con sconcerto all'avanzata leghista. Proprio la collocazione geografica di Destra nel PdL, non a caso tenuta a battesimo a Milano, è anche il suo limite attuale, che al momento ne fa “la componente lombarda di Alleanza nazionale”. Ma gli  ex aennini vicini a Berlusconi assicurano che l'esperienza avviata ieri si estenderà presto. Altrove, ad esempio nel Lazio di Gianni Alemanno e Giorgia Meloni, ci sono già le condizioni per qualcosa di simile, anche perché in questa regione lo scontro con i “lealisti” di Fini si prospetta alquanto duro. Alla fine dei giochi, Fini potrebbe trovarsi alla guida di un manipolo di fuoriusciti non solo di gran lunga minoritari dentro alla vecchia Alleanza nazionale, ma anche molto localizzati dal punto di visto geografico, concentrati in poche regioni del Centro-Sud. Andasse così, l'iniziativa di La Russa e quelle che la imiteranno avranno svolto bene una parte importante della loro missione.

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