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A caccia di soldi

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Magistrati e statali. Ecco perché la Lega minaccia di tagliare gli stipendi

Monica Rizzello
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Un gran polverone per mettere in guardia finiani e sinistra. La Lega minaccia di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici e dei magistrati. Due categorie che certamente non votano per il Carroccio, ma che anzi rappresentano l'elettorato vicino al presidente della Camera (gli statali) e alla sinistra (i giudici). Roberto Calderoli ha parlato  di riduzioni delle super-paghe dei politici e di razionalizzare la spesa pubblica. Ma il messaggio che è passato è stato un altro: occhio, potremmo anche intervenire sui lavoratori di enti e ministeri. Bossi poi ci ha aggiunto le toghe: «Tagliamo la busta paga dei politici, ma se c'è da pagare devono farlo tutti. È giusto che anche i magistrati diano la loro mano, perché il loro stipendio è legato a quello dei politici». L'obiettivo di questa offensiva? Semplice, Fini: alla Lega interessa che passi senza intoppi il federalismo, Berlusconi invece punta sull'approvazione delle riforme sulla giustizia e gli unici che possono mettersi di traverso in Parlamento sono gli aficionados dell'ex presidente di An. Insomma, il ragionamento su per giù può essere  questo: se lo tocchi nel portafoglio, l'avversario è meno forte.  Più che una realtà, la dieta agli stipendi pubblici può quindi essere considerata una minaccia politica. Per non fermare la corsa dei provvedimenti cari a Umberto e Silvio. Domanda: ma se i tagli, alla fine, saranno soft, come si potranno migliorare i conti italiani? La crisi dell'euro non è  una scusa. Basta vedere cosa succede in Grecia, Spagna e Portogallo. Un quesito che si è posto lo stesso Senatur: «Non si risolve certo il problema, tagliando solo lo stipendio dei parlamentari, ci vuole ben altro». I soldi -  ha proseguito -  «devono andare a chi li investe e non a chi li sbatte via. Il federalismo fiscale risolverà anche questo problema». Il provvedimento andrà a incidere sugli sprechi delle Regioni, soprattutto sul campo sanitario. Cifre ufficiali non ce ne sono, ma basta guardare le tabelle dell'Istat per capire che l'adeguamento ai costi standard della spesa locale potrebbe far risparmiare fino a 80 miliardi all'anno la pubblica amministrazione. E chi non riuscirà a mantenere certi livelli di efficienza e qualità sarà costretto ad aumentare le tasse. Certo che il percorso tracciato dalla legge Calderoli prevede più di un decreto attuativo. Il primo, che dovrebbe passare entro la settimana - parola del Senatur - riguarda il cosiddetto federalismo demaniale, cioè la destinazione a Comuni, Province e Regioni di edifici e territori statali inutilizzati. Per cercare di valorizzarli, appunto. Per responsabilizzare maggiormente gli amministratori.  Il federalismo però ha parecchi nemici. Da Casini - «che ha votato contro», ha ricordato ieri Bossi - ai finiani, che hanno preso spunto dalla crisi economica per cercare di far slittare la tabella di marcia della maxi-riforma. Tuttavia il percorso dei decreti «non deve passare più per il Parlamento, ma solo in Consiglio dei ministri - ha sottolineato il leader padano -  dove noi contiamo e quindi passa questa settimana. Siamo arrivati al dunque». Manca solo il parere in Commissione. «C'è però un po' di resistenza...». Ecco perché  gli uomini del Carroccio sono andati all'attacco dei partigiani anti-Lega. Con due governatori e un consenso in crescita, Bossi ha bisogno di fermare il fiume di soldi che scappano dal Nord. È il suo unico obiettivo: per questo ha addirittura cambiato idea sull'Afghanistan, per non creare altre tensioni inutili nella maggioranza. Il federalismo prima di tutto. (Giuliano Zulin)

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