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Intercettazioni, Pd: "In Aula a settembre"

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Cicchitto replica: "No, entro luglio sarà approvato". Continua lo scontro tra maggioranza e opposizione dopo il via libera al ddl in Senato

Eleonora Crisafulli
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Dopo il via libera del Senato alla legge Bavaglio, non si placano le polemiche tra maggioranza e opposizione. Venerdì Franceschini, e oggi Bersani, hanno aperto il fuoco: il ddl non sarà messo ai voti alla Camera prima di settembre. Pronta la replica di Cicchitto: ce la faremo entro luglio, non si può discutere all'infinito. Intanto, finché il disegno di legge sulle intercettazioni non è legge, i magistrati approfittano dello spazio di libertà rimasto per continuare a intercettare e fare indagini alla vecchia maniera. Se il testo passerà, così come è stato approvato al Senato, cambieranno tante cose. La lettera di Franceschini - A inizio luglio, il ddl arriverà alla Camera che presumibilmente decreterà il via libera alla legge sulle intercettazioni. Ma il Pd ha intenzione di allungare i tempi. Il partito "non accetterà nessuna forzatura" dice il segretario del Pd, Dario Franceschini, annunciando una lettera al presidente della camera, Gianfranco Fini e alla presidente della Commissione Giustizia, Giulia Buongiorno: in base al regolamento di Montecitorio il provvedimento non potrà essere discusso in aula prima di settembre.  "Il ddl arriva alla Camera per la terza lettura: è stato un anno e 15 giorni al Senato e prima ancora 11 mesi a Montecitorio. Essendo per di più peggiorato nei suoi contenuti, noi chiediamo che sia discusso approfonditamente come prevede il regolamento". Il segretario del Pd ha richiamato gli articoli 24, 49 e 81, che stabiliscono i 2 mesi di tempo per la discussione in Commissione di un provvedimento, il voto segreto e il contingentamento dei tempi.   L'unico modo per poter anticipare la calendarizzazione del ddl può essere un'accordo a maggioranza in conferenza dei capigruppo "che non è possibile considerato che noi siamo contrari". Altrimenti servirebbe una decisione monocratica del presidente della Camera: "Mi auguro che Fini, che pure ha condiviso ha condiviso una mediazione sul ddl che per noi è inaccettabile, si ricordi che c'è una distinzione dei ruoli. Vigiliremo in tutti i modi perché sia rispettato il regolamento". Per Cicchitto, invece, il testo sarà deliberato a luglio - In un'intervista alla Stampa  il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto fa capire che la maggioranza non vuole perdere tempo. "Non si può discutere all'infinito", ha detto Cicchitto, "è stata presa una decisione e con tutta la considerazione che ho per l'autonomia dei due rami del parlamento, dico che alla Camera ulteriori modifiche non ci troveranno consenzienti. Sono convinto che entro luglio il ddl verrà approvato". All'opposizione replica il ministro della Giustizia Alfano: "La sinistra pratica tecniche dilatorie e metodi perditempo che hanno un solo scopo: ignorare il diritto alla riservatezza e alla privacy dei cittadini. Per la sinistra l'art. 15 della Costituzione, semplicemente, non esiste". Sciopero della stampa il 9 luglio -In prima fila a protestare c'è l'Fnsi. Il sindacato nazionale dei giornalisti ha proclamato lo sciopero generale delle tv e dei giornali per il 9 luglio - data in cui è previsto il via libera dei deputati di Montecitorio -  per protestare contro quella che è stata coralmente definita la Legge Bavaglio. Napolitano contro l'Idv - Chi invece in strada non scenderà, anzi, è stanco di essere tirato per la giacca è il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, il quale risponde per le rima a chi, IdV su tutti, gli chiede di non firmare la legge sulle intercettazioni. "I professionisti della richiesta al presidente della Repubblica di non firmare spesso parlano a vanvera. Per il resto non ho nulla da dire su questi argomenti, su cui ho detto e ho fatto dire negli ultimi giorni". Il popolo viola contro il ddl - Barricate, resistenza a oltranza per difendere la costituzione. Il popolo viola non ci sta e nella serata di ieri prende d'assedio palazzo Grazioli, residenza istituzionale del premier. Le forze dell'ordine hanno subito transennato il palazzo, Berlusconi era appena rientrato da una cena con i Cavalieri del Lavoro a Villa Miani. Traffico bloccato in via del Plebiscito, alcuni manifestanti si sono sdraiati sui marciapiedi e cantato "Bella ciao", molti i cartelli con slogan contrari al provvedimento ("La mafia ringrazia", "Partigiani del terzo millenio"). Ma la protesta non si esaurisce qui: stasera è in programma una veglia davanti a Montecitorio "per la morte della democrazia e della Costituzione italiana". Il via libera in Senato - Mercoledì il governo aveva disposto la fiducia sul ddl. Dopo le modifiche presentate dal relatore Roberto Centaro (PdL), il testo è tornato all'esame della commissione Giustizia, che ha concluso senza alcuna votazione l'esame degli ultimi emendamenti, ed è quindi approdato in Aula con la decisione della maggioranza di porre la questione di fiducia. Prima del voto, durante le dichiarazioni di voto, la capogruppo del Pd al Senato Finocchiaro ha annunciato che il Pd non voterà: "Vogliamo che risulti con ogni evidenza che da qui comincia il massacro della libertà". Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha espulso dall'Aula i senatori dell'Idv che occupavano i banchi del governo per protestare contro il ddl. Dopo averli invitati per tre volte a lasciare i posti "indebitamente occupati" ed averli richiamati all'ordine, la seconda carica dello Stato ha invitato i questori a procedere all'espulsione. I senatori dipietristi potranno rientrare per esprimere il loro voto di fiducia. Di Pietro cacciato dall'Aula - "Ancora una volta maggioranza e presidente del Consiglio usano un atto di forza per rimuovere un ostacolo". Ormai, insiste Di Pietro, "in Parlamento c'è uno stato di illegalità permanente", dove la maggioranza "ha compiuto un atto di prevaricazione che nemmeno il fascismo". Il riferimento è "l'aver lasciato i senatori a discutere di un testo quando si sapeva già dal 25 maggio che sarebbe stata posta la fiducia, peraltro su un testo diverso. Come se i senatori stessero qui a giocare a bussolotti". L'ex pm, quindi, esprime "il rammarico di essere stati lasciati soli", nel campo dell'opposizione, "a dire no alle iniziative di questo governo piduista. Essere come Ponzio Pilato e lavarsi le mani è peggio che essere come Erode". Opposizione sul piede di guerra. Le reazioni ieri non si sono fatte attendere. L'Italia dei Valori, dopo aver etichettato il provvedimento come una vergogna e aver minacciato gesti estremi per impedire "l'approvazione di questa porcheria", punta dritto al referendum abrogativo. Critico anche il Pd con Angela Finocchiaro che si appella alla Corte Costituzionale. "Il testo sulle intercettazioni è pieno di elementi di irragionevolezza. Ci sono motivi per ricorrere alla Corte Costituzionale, prima di qualsiasi attività referendaria". Meno feroce il commento dell'Udc, anche se Casini non nasconde le sue perplessità: "Questa legge così ancora non va e servirebbe un dibattito ampio per rafforzare il senso della legalità e il ruolo della stampa". Testo blindato - Giusto riepilogare il percorso del disegno di legge sulle intercettazioni. Nella giornata di martedì, il premier Berlusconi aveva affermato che "sul provvedimento era stato trovato un punto di equilibrio", al termine di "un lungo lavoro di mediazione" all'interno del partito, ma che ora il governo "non poteva perdere più tempo per apportare ulteriori modifiche". E ancora. "Sono due anni che stiamo lavorando su questo punto. Ora basta. Ci sono gli emendamenti studiati insieme poi ci sarà l'ok del Senato e il testo non verrà modificato più alla Camera". Il premier - avevano riferito fonti di palazzo Grazioli - aveva invitato il partito a serrare i ranghi sia sulle intercettazioni sia sulla manovra e aveva ribadito come ogni decisione sarebbe stata presa sempre a maggioranza all'interno dell'ufficio di presidenza. Poi, intervenendo all'assemblea della Federalberghi all'auditorium del Parco della Musica, il premier si era mostrato deluso e insoddisfatto per le decisioni prese: "C'è stata una sola astensione di cui mi dolgo ed è stata la mia. Io considero il programma elettorale come un contratto vincolante con gli elettori, e questa legge così com'è non adempie alle promesse che abbiamo messo nel contratto".

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