Berlusconi: "Tutti spiati. Non è democrazia"
All'Assemblea di Confcommercio il premier sferra l'attacco contro la lobby di magistrati e giornalisti
"In Italia siamo tutti spiati. Ci sono in italia circa 150 mila telefoni sotto controllo: considerando 50 persone per ogni telefono, vengono fuori così 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate. Questa non è vera democrazia, non è tutelata la libertà di parola. Non lo tolleriamo più". Silvio Berlusconi esordisce all'Assemblea generale di Confcommercio parlando delle polemiche sul ddl intercettazioni: "Ditemi se è possibile essere spiati in questo modo. C'è una piccola lobby di magistrati e giornalisti che è contro" il disegno di legge del governo. "Noi abbiamo preparato il provvedimento in quattro mesi", ma - racconta il Cavaliere - l'iter si è rivelato lunghissimo. "Ora si parla di metterlo in calendario per il mese di settembre, poi bisognerà vedere se il Capo dello Stato lo firmerà e poi quando uscirà ai pm della sinistra non piacerà e si appelleranno alla Corte costituzionale che, secondo quanto mi dicono, la boccerà", dice il presidente del Consiglio. Dopo aver sollevato la questione delle intercettazioni, Berlusconi ritorna sulle difficoltà poste dal sistema politico e costituzionale italiano all'azione del governo: "Quando un imprenditore come me pensa di contrattare poi si scoraggia perché per arrivare ad un risultato concreto, partendo da un'iniziativa chiara, bisogna passare attraverso le forche caudine". Il governo ha "fatto molto" ma "se le condizioni di operatività fossero diverse potremmo fare molto di più". Troppi ostacoli sul percorso che talvolta mettono “voglia di tornare a fare l'imprenditore o di andare in pensione". Invece no, il Cavaliere tiene duro perché “la gente apprezza l'esecutivo e ci induce a perseverare, a non darci per vinti”. Il Cavaliere illustra poi i provvedimenti del governo e invita alla fiducia. “Sono convinto che la ripresa sia una questione psicologica” e il “catastrofismo dei media e di alcuni giornali” non aiuta l'economia. Parla con l'esperienza che ha maturato nel settore: “Sono stato e mi considero ancora un imprenditore”. Secondo Berlusconi occorre facilitare la vita dei cittadini attraverso la digitalizzazione e riducendo notevolmente l'oppressione burocratica. Il governo deve “intervenire sull'articolo 41 della costituzione per cambiare il rapporto fra stato e individui”. Ora “chi vuole aprire una nuova attività deve passare per un calvario di decide di autorizzazioni”. È necessaria quindi una “rivoluzione liberale” dove “si può fare tutto ciò che non è vietato”. Berlusconi assicura che in questa direzione sarà approvata una legge ordinaria. Poi spazio alla riforma della Costituzione “frutto di compromessi fra cattolici e uomini della sinistra – dice il premier – compromessi figli di vent'anni di regime”. Sui conti pubblici “rigore assoluto”, dice il presidente del Consiglio, “ e tutte le istituzioni europee hanno riconosciuto che siamo intervenuti efficacemente”. Avanzano proteste da tutte le parti contro la manovra e Berlusconi conferma che “non comporta sacrifici al mondo delle imprese”, ma “bisogna eliminare i privilegi”: “Abbiamo una generazione che vive di politica”, chiosa e incassa l'ovazione della platea. In campo internazionale, per finire, il premier rivendica i suoi successi: “Nessuno può negare il ruolo dell'Italia. Nell'economia sono stato protagonista di una guerra in Europa perché tutti i governi facessero parte di un fondo per salvare dal fallimento le banche” perché avrebbero causato una reazione a catena che alla fine avrebbe colpito le attività dei privati. Berlusconi spiega il suo metodo: “Sono vecchio, sono il più anziano, faccio la politica dell'amicizia, risultati si possono ottenere solo se ci sono premesse di stima e rispetto”. Per il leader della Lega, Umberto Bossi, per le modifiche "c'è spazio: se qualcuno fa qualche emendamento non viene buttato nel cestino. La tenuta governo? - ha poi detto rispondendo a un'altra domanda - fino a quando tiene la Lega tiene il governo". Quanto alla priorità tra manovra e intercettazioni, "ormai le cose sono state messe in fila". Pierluigi Bersani, invece, accusa il premier di "terrorismo ad personam": "Mi ha fatto impressione la contabilizzazione delle intercettazioni che ha fatto in uno strano modo, fino a dare l'idea che siamo in una situazione da Stato di polizia o addirittura da grande fratello. Questo terrorismo ad personam non va bene, non si può prendere a pretesto quello che è certo un problema per limitare la lotta alla corruzione e mettere limiti alla libertà di informazione sconosciuti in altri Paesi". Torna a occuparsi di intercettazioni anche l'Osce, che ha respinto i rilievi di inopportunità della presa di posizione ieri mossi dal governo italiano. L'organizzazione ha precisato che è "normale e consueto" far sentire la sua voce nei processi parlamentari, ma "naturalmente il parlamento italiano è sovrano e indipendente": "Noi non abbiamo autorità, ma il parlamento deve sapere che questa legge, se passa, non è in ottemperanza con gli standard Osce".