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D'Alema caldeggia le larghe intese. "Però senza Berlusconi"

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La proposta del "baffetto" trova l'appoggio di Franceschini. Replica la Gelmini. "Continua a vivere negli anni '90"

Roberto Amaglio
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Bocciata da parte della maggioranza, rigettata con disprezzo dall'Idv di Antonio Di Pietro e dalla corrente più intransigente del Pd e, dulcis in fundo, criticata anche dalla maggioranza dell'elettorato. Tuttavia, oltre all'Udc di Casini, la possibilità di un governo di transizione (o di larghe intese che dir si voglia) viene caldeggiata pure da Massimo D'Alema, una delle personalità di spicco storiche del Partito Democratico e della sinistra italiana. Intervistato dal Corriere della Sera, infatti, il “baffetto” nazionale è tornato a proporre quella formula tanto cara che gli permise di insediarsi due volte a Palazzo Chigi dal 1998 al 2000, proprio grazie al benestare dell'allora leader dell'opposizione, Silvio Berlusconi. Tuttavia una condizione D'Alema la vuole porre. “Parlare di Governo di transizione lasciando il premier Berlusconi al suo posto non serve assolutamente a nulla, si tratterebbe solo di un'operazione di ceto politico intorno al Cavaliere. Ha un senso, viceversa, se è un appello alla responsabilità per aprire una fase nuova attraverso un governo di transizione, di larghe intese, o come vogliamo chiamarlo. Ovviamente, in una democrazia bipolare, questa non può che essere una soluzione temporanea legata a obiettivi precisi: in questo caso si dovrebbe rivedere la legge elettorale e, soprattutto, parlare di rilancio del sistema Paese”. Reazioni – Quindi Silvio a casa per aprire una fase nuova, ovviamente con formule vecchie e i soliti volti visti in questi ultimi quindici anni. Non è quindi un caso che dalla maggioranza si sia assistita a una levata di scudi contro la proposta di D'Alema. Se Arturo Parisi ritiene la proposta dell'esponente del Pd “la discutibile ricetta di sempre”, ancora più duro è il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. "L'On. D'Alema, che ormai da quarant'anni è abituato a vivere nei palazzi, dimentica che è finita un'epoca: l'epoca delle larghe intese e dei governi di coalizione, ormai sepolti dalla volontà degli elettori. Gli italiani sono per il bipolarismo e per la chiarezza: chi vince governa, chi perde è all'opposizione. D'Alema che, da quasi tutti, è indicato come una persona intelligente, dovrebbe smetterla di vivere negli anni novanta". Favorevole, invece, il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini. "L'analisi di D'Alema la condivido, e peraltro so che è largamente condivisa nel partito. È uno scenario per affrontare la possibile emergenza, che non mette in discussione il bipolarismo ma che, anzi, attraverso la fine dell'era Berlusconi può consegnare l'Italia ad un bipolarismo normale ed europeo".

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