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Il Cav ha pronto l'atto di scomunica per Fini

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L'Ufficio di presidenza esamina il documento politico nel quale c'è anche il deferimento di tre finiani ai probiviri

Paolo Franzoso
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Si seguiranno tutte le procedure previste dal regolamento interno, non ci sarà una rottura drastica, ma il divorzio è sancito, scritto nero su bianco. L'Ufficio di presidenza sposa la linea morbida, stabilita nel testo redatto da Sandro Bondi, ministro della Cultura: nessuna azione eclatante, un documento per evidenziare le contraddizioni sorte nella maggioranza e spiegare che andare avanti così non ha senso. Gianfranco Fini è fuori. Ci si è messo da solo con i suoi continui atteggiamenti contro il Cavaliere e le proposte di legge del Popolo delle Libertà. La sua voce stonata nel coro ha stancato. Però l'ex leader di An non può essere cacciato dal partito perché non è iscritto. Quindi lo si mette con le spalle al muro. La bolla di scomunica politica nei suoi confronti l'accusa di essersi posto fuori dalla linea del PdL su diverse questioni delicate che formano l'essenza del partito stesso. In più, c'è l'aggravante di aver operato in qualità di presidente della Camera, un ruolo istituzionale che impone il vincolo di terzietà. L'atto di condanna in allegato contiene il deferimento ai probiviri di tre finiani doc, Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio. Nessuna espulsione per il momento, niente gesti sconsiderati, solo la richiesta di azione disciplinare con sospensione di 3 o 6 mesi per i tre uomini più vicini al presidente di Montecitorio. A questo punto, i rapporti fra fondatore e cofondatore sono chiusi.

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