In Usa sì all'uso di cellule staminali da embrioni umani. Vaticano contrario: "Delitto etico"

Paolo Franzoso

Negli Stati Uniti si potranno condurre test clinici sull’uomo con cellule staminali embrionali. L’ente federale per la Sicurezza dei farmaci e degli alimenti (Fda) non ci vede nulla di eticamente inaccettabile. La materia è complessa: in pratica è stata autorizzata la terapia che si basa sull’iniezione, nel punto della spina dorsale leso, di cellule staminali in grado di trasformarsi in oligodendrociti, cellule che supportano la struttura neuronale. Lo scopo è quello di riparare la mielina (l’isolante che avvolge le sinapsi) in modo da rigenerare i nervi che trasmettono segnali ai muscoli. Insomma, a quanto pare, da queste cellule si possono curare gravi lesioni. C’è un problema, però: l’utilizzo dell’embrione umano. L’accusa parte dal Vaticano, da Monsignor Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita: pratica incompatibile dal punto di vista etico con “chiunque rispetti l’individuo umano, la persona umana”. Sì perché, prosegue l’alto prelato, “la scienza rimane ferma nel dire che l’embrione è un essere umano in cammino”. E per curare qualcuno ne “vengono sacrificati per ricavare queste cellule staminali”. Non solo un metodo contrario alla morale umana, ma anche “dal punto di vista dei risultati si è rilevato che non conseguono i risultati attesi perché le cellule staminali degli embrioni hanno una totipotenzialità, quindi sono inclinate a riprodurre un soggetto, un individuo, non altre cellule”. E comunque: “Se per assurdo ci fosse un esito positivo, eticamente rimane il delitto”. Il dilemma etico resta cruciale. Negli Stati Uniti, niente dubbi: i test erano già stati autorizzati a gennaio 2009, ma la scoperta di cisti nelle cavie ai quali erano stati iniettate le staminali aveva bloccato tutto. Le ricerche hanno affinato la tecnica e la Geron Corporation ha il via libera per procedere alle cure con cellule staminali embrionali.