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Fiat, i 3 operai entrano in fabbrica, ma con il divieto di lavoro. La Fiom denuncia

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I lavoratori, per l'azienda, possono svolgere soltanto attività sindacale. "Invieremo una lettera a Napolitano"

Roberto Amaglio
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Come annunciato, la Fiom Basilicata ha presentato ai Carabinieri una denuncia contro la Fiat Sata di Melfi "per non aver ottemperato al decreto del giudice del lavoro che prevedeva il reintegro immediato dei tre operai in fabbrica". A darne notizia il segretario generale, Emanuele De Nicola.  "Domani - ha aggiunto- predisporremo la lettera da inviare al Presidente della Repubblica affinchè intervenga presso le istituzioni preposte per far rispettare la legge. Chiediamo che faccia da garante". Si deve impedire, ha proseguito De Nicola, che "siano lesi i diritti dei lavoratori e della Fiom Cgil. Chiediamo dunque il rispetto della legge e del principio costituzionale che definisce che la legge è uguale per tutti. Quando devono pagare i deboli pagano sempre, quando devono pagare i forti questo non accade". Giornata movimentata alla fabbrica di Melfi. Gli operai si sono presentati regolarmente, ma la vigilianza ha impedito loro di prendere postazione. Il Lingotto ha quindi confermato di non volersi avvalere delle prestazioni lavorative fino all'udienza del 6 ottobre, affermando che la decisione è un modo di autotutela preventiva. Forte opposizione del Sindacato di categoria che ha minacciato e presentato la denuncia ai Carabinieri. L'ingresso - Sono entrati allo stabilimento di Melfi per incominciare il turno delle 14 i tre operai Fiat, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, reintegrati dal giudice del lavoro. Ma non potranno riprendere la loro postazione alla catena di montaggio. I delegati Fiom potranno proseguire la loro attività sindacale all'interno della fabbrica. Accompagnati dagli avvocati e da un ufficiale giudiziario, Francesco D'Arcangelo, che deve notificare il provvedimento di reintegro, i tre hanno passato i loro  tesserini magnetici fra gli applausi dei colleghi. Prima di raggiungere il posto di lavoro, però, sono stati bloccati dalla vigilanza. La decisione del Lingotto - La Fiat non consentirà ai tre di rientrare nelle linee di produzione, ma metterà a disposizione la saletta sindacale dove restare durante il turno di lavoro in attesa del pronunciamento del giudice sul ricorso della casa automobilistica. L'uscita - I tre, assieme ai legali della Fiom e al coordinatore nazionale auto, Enzo Masini, hanno guadagnato l'uscita dallo stabilimento dopo oltre un'ora di permanenza nei locali della vigilanza, rifiutando categoricamente la proposta della Fiat.  La decisione dell'azienda è stata respinta dai lavoratori e dal sindacato che hanno quindi deciso di ricorrere nuovamente alla giustizia. Sciopero - Enzo Masini, coordinatore nazionale auto Fiom, ha giudicato "inaccettabile" la decisione dell'azienda. La Fiom, la sigla sindacale di cui sono delegati gli operai, in una lettera, chiede l'intervento del Presidente della Repubblica. I colleghi dei tre operai hanno iniziato un'ora di sciopero. L'astensione dal lavoro, che riguarderà il secondo e terzo turno, è stata decisa come risposta alla decisione aziendale di non fare accedere in fabbrica i tre lavoratori licenziati. La reazione: "Niente saletta" - "Vogliamo il nostro posto di lavoro- dice Giovanni Barozzino - Ci vogliono confinare fuori dall'area di produzione? Ma non scherziamo. Noi torneremo qui sempre, ogni giorno, finchè non interverrà il Presidente della Repubblica". Antonio Lamorte, il secondo operaio, parla di "umiliazione. Stare lì in saletta, lontani dai lavoratori... Ci hanno detto: Non ci serve la vostra prestazione. Questa proposta la rigettiamo, chiediamo che la sentenza sia attuata e di andare nella nostra postazione di lavoro e svolgere la nostra attività". E, Marco Pignatelli: "Mi sono sentito mortificato, voglio guadagnarmi lo stipendio lavorando". Fiat ottimista - La Fiat Sata di Melfi si dice "fiduciosa che il Tribunale di Melfi, nel giudizio di opposizione, saprà ristabilire la verità dei fatti" ed esprime "la ferma convinzione che siano pienamente legittimi i provvedimenti adottati La scelta di Fiat è "prassi consolidata nella cause di lavoro per evitare altre occasioni di lite. Ed ha ampia e giustificata motivazionenei confronti dei tre lavoratori" e "ritiene di poter ampiamente dimostrare nel corso dell'udienza fissata per il 6 ottobre prossimo che il comportamento tenuto dai tre scioperanti fu un volontario e prolungato illegittimo blocco della produzione e non esercizio del diritto di sciopero". La replica della Fiat è affidata a una nota. "Ancora una volta che i comportamenti contestati ai tre scioperanti sono stati di estrema gravità, in quanto, determinando il blocco della produzione, hanno leso la libertà d'impresa, causato un danno economico e condizionato il diritto al lavoro della maggioranza degli altri dipendenti che non avevano aderito allo sciopero. Nella ferma convinzione che nella prima pronuncia non siano stati colti compiutamente gli aspetti disciplinarmente rilevanti della questione". Secondo Sata, la decisione di non avvalersi della sola prestazione di attività lavorativa dei tre interessati, "che costituisce prassi consolidata nelle cause di lavoro e che ha l'obiettivo di evitare ulteriori occasioni di lite tra le parti in causa, trova, nel caso specifico, ampia e giustificata motivazione nei comportamenti contestati che, in attesa del completarsi degli accertamenti processuali, si riflettono negativamente sul rapporto fiduciario fra azienda e lavoratori. Si tratta peraltro di comportamenti per i quali è in corso anche indagine penale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Melfi". Fiom per la denuncia penale - Duro colpo per il sinadcato. Il braccio di ferro con Fiat rende tutto complicato. L'avvocato Lina Grosso, uno dei legali della Fiom, cita una sentenza della Cassazione penale del 1989, che recita testualmente: "Nel caso in cui il pretore abbia intimato al datore di lavoro, con decreto emesso ai sensi dell'articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, l'immediata reintegra del dipendente licenziato nel suo posto di lavoro, commette il reato previsto dall'articolo 28, punito dall'articolo 650 del codice penale: il datore di lavoro  medesimo che pur corrispondendo le retribuzioni inibisce al lavoratore l'ingresso nel luogo di lavoro e qualsiasi intervento nell'attività dell'impresa; infatti la sola retribuzione non può ritenersi equivalente alla reintegrazione, dato che il diritto dei lavoratori ed i corrispondenti obblighi del datore di lavoro non si risolvono nell'unica pretesa della retribuzione, essendo garantiti al lavoratore anche ulteriori diritti". Secondo gli avvocati della Fiom la pretesa della Fiat di consentire ai tre lavoratori solo l'attività sindacale, non rispetta pienamente la volontà del giudice.  Il decreto parla chiaro - osserva Grosso - l'immediato reintegro sul posto di lavoro e nelle stesse mansioni. Quindi chiederemo al giudice del lavoro perchè vengano specificate meglio le modalità di attuazione del provvedimento. Questo non è un reintegro sul posto di lavoro, perchè limitato solo all'attività sindacale, per altro senza poter incontrare altri lavoratori".

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