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La pulizia etnica di Fini

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Tagliatore di teste. Licenziamenti al giornale di An per far posto solo ai fedelissimi. Redattrice in maternità cacciata due volte: il giudice la reintegra ma il Secolo ignora il verdetto

Tatiana Necchi
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di Gianluigi Nuzzi - Licenziamenti, uno dopo l'altro, in una guerra invisibile che vede nel posto di lavoro il vessillo dello scontro in via della Scrofa. Arriva adesso e deflagra nelle aule dei tribunali con cause, azioni civili, impugnazioni quella che i giornalisti “epurati” dal Secolo d'Italia descrivono addirittura come una “pulizia etnica” voluta per far dello storico giornale già del Msi il foglio monocorde del Fini pensiero. Ufficialmente la tragica storia di Priscilla Del Ninno, licenziata due volte in un anno tra aborti naturali e maternità agognate, i tramonti professionali degli altri colleghi finiti in mezzo a una strada sono solo volti diversi del piano di ristrutturazione voluto dal partito per rilanciare il quotidiano. Ma proprio quelli che contestualizzano la loro cacciata  con l'arrivo alle leve di comando dei finiani doc iniziano a trovare ragione nelle sentenze della magistratura. Del Ninno è lo spartiacque di una storia da ripercorrere con diversi protagonisti per storie fotocopia.  storie  fotocopia La prima è quella di Silvio Leoni, ha intentato una causa di lavoro per mobbing e licenziamento illegittimo e negli atti racconta di esser stato lasciato senza lavorare per un anno e mezzo e poi licenziato. Il tribunale deve ancora pronunciarsi, la terza udienza è attesa per gennaio prossimo e si intreccia con altre tre cause simili intentate da altri colleghi. C'è  Pino Rigido,  c'è Pietro Romano, messi in cassa integrazione e poi licenziati. La storia più emblematica rimane quella della Del Ninno.  È  stata posta in cassa integrazione dall'8 febbraio del 2007 quando la sua scrivania era libera visto che la giornalista era a casa in malattia dopo un aborto spontaneo. La donna ricorre alla Legge che giudica illegittima la procedura di cassa integrazione. Ma ancor prima che i giudici del lavoro si pronuncino ecco che la Del Ninno viene licenziata con una raccomandata spedita il 29 gennaio del 2009 «quando ero ancora in maternità – ricorda – quando la legge dice che nel primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre non può essere toccata». A febbraio arriva la sentenza del giudice Antonio Maria Luna che dichiara illegittima la cassa integrazione e dispone in reintegro immediato.  Due pagine che parlano chiaro visto che «condanna Gianfranco Fini, nella qualità di editore del Secolo d'Italia a riammettere in servizio la Del Ninno e condanna Fini al risarcimento del danno, in favore della Del Ninno, in misura pari alla differenza tra quanto avrebbe percepito se avesse continuato a lavorare e quanto di fatto ha ricevuto a titolo di integrazione salariale nel periodo dal 21 ottobre del 2007 al 31 gennaio del 2009 (…)». Uno doppio schiaffo: la sentenza è tardiva di due settimane visto che la giornalista nel frattempo viene licenziata. «Impugno il licenziamento in maternità ma ancor prima che si arrivi alla prima udienza della procedura di urgenza, il Secolo con un telegramma il 4 aprile mi revoca il licenziamento e mi dice di prendere le ferie arretrate. Avendo partorito in agosto, volevano scavallare l'estate. Insomma quando mi ripresento in redazione nel gennaio del 2010 mi viene impedito l'accesso in redazione con una nuova lettera di licenziamento. Ormai mi licenzieranno ciclicamente. Adesso ho fatto un'altra causa e vedremo». Le storie drammatiche sono così, si assomigliano. Un altro collega sostiene di essere stato messo in cassa integrazione e licenziato dopo aver rifiutato il prepensionamento anticipato. Ha cercato anche l'intervento di Fini. Senza risultato. Un'altra prova a trattare un posto di lavoro non giornalistico pur di non rimanere disoccupata. cambio al vertice Ma la storia è solo all'inizio. Mentre gli storici redattori del Secolo rischiano lo stipendio, alcuni posti in cassa integrazione e poi licenziati, la proprietà del foglio passa dalla società individuale “Fini Gianfranco nella sua qualità di presidente di Alleanza Nazionale” alla “Secolo d'Italia srl”.  Il commercialista bolognese Pietro Spada fa i conti in tasca al giornale è stima in un milione e 200 mila euro il valore della testata per il conferimento nella nuova società. Capitale da 90 mila euro,  la Secolo d'Italia vede An al 97% e tre fedelissimi di Fini con quote dell'1% alla direttrice Flavia Perina, ad Enzo Raisi, amministratore del quotidiano, e a Donato Lamorte, lo storico segretario di Gianfranco che tra l'altro andò a Montecarlo a visionare la casa finita poi a Giancarlo Tulliani. Ancora, mentre alcuni redattori risicano in cassa integrazione ecco che i numeri della redazione lievitano. Secondo la visura camerale della Secolo d'Italia si passa dai 35 addetti di agosto e settembre del 2008 ai 36 del mese successivo ai 37 di novembre. In  teoria quando ci sono cassaintegrati non si possono di rigore assumere nuovi dipendenti. Ma la legge prevede delle eccezioni e sicuramente sarà il caso dei giornalisti che vedono in gran simpatia Fini assunti proprio in quel periodo e che lavorano oggi per Farefuturo. Così durante la cassa integrazione accadono episodi indigesti per i licenziati: Aldo di Lello, caposervizio della cultura, è in aspettativa essendo nel team stampa di Fini alla Camera e al suo posto non viene richiamato un vecchio redattore ma nell'autunno del 2008 arriva Filippo Rossi. arrivano i rinforzi Pur da neodirettore del web magazine di Farefuturo risulta dalla gerenza del giornale on line in carico e nella redazione del Secolo, “quotidiano nel PdL”.  La redazione, mese dopo mese, vive una sorta di colonialismo di Fare Futuro, arrivano nuove leve tutte con scrivania in redazione ma che lavorano per lo spazio web del super presidente. Non sappiamo, è bene chiarire, se le assunzioni siano coerenti con la legge che regola le nuove assunzioni durante le ristrutturazioni aziendali tra cassa integrazione e prepensionamenti e non abbiamo motivi per ritenere il contrario, almeno per ora. Di certo è una storia che fa emergere  contraddizioni. Tornando al caso della del Ninno: il 29 gennaio 2009, cioè quando erano già state assunte altre persone (stando almeno alle visure camerali sugli addetti passati da 35 a 37), il Secolo, attraverso il suo amministratore Enzo Raisi, comunica alla giornalista che verrà licenziata dato che «la situazione economico-gestionale dell'Azienda non consente un ampliamento dell'organico redazionale di 12 giornalisti oltre la direzione». Come dire? Per Fare non si può più sperare nemmeno nel  Futuro.

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