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Alla ricerca del tesoro del boss Brusca

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L'esecutore materiale della strage di Capaci è accusato di riciclaggio. Da anni recluso, avrebbe gestito i suoi affari dal carcere di Rebibbia

Eleonora Crisafulli
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Giovanni Brusca, uno degli esecutori materiali della strage di Capaci e poi collaboratore di giustizia, da anni ormai si trova nel carcere di Rebibbia. Eppure, secondo gli agenti della direzione distrettuale antimafia di Palermo, il boss sarebbe riuscito comunque a gestire un tesoro nascosto avvalendosi di prestanomi e a compiere ancora reati, come riciclaggio, fittizia intestazione di beni e tentata estorsione aggravata. I carabinieri del gruppo di Monreale stanno eseguendo una serie di perquisizioni domiciliari nelle province di Palermo, Roma, Milano, Chieti e Rovigo nell'ambito di un'inchiesta che coinvolge anche alcuni familiari e persone vicine al boss. L'indagine è scaturita da una serie di intercettazioni effettuate dagli investigatori nell'ambito della cattura del latitante Domenica Raccuglia che hanno fatto emergere la disponibilità, da parte della famiglia Brusca, di beni che non sono ancora stati individuati. Brusca, capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, fu arrestato il 20 maggio del 1996 mentre era latitante con la famiglia a Cannatello, in provincia di Agrigento. Oltre che per la strage di Capaci nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesco Morvillo e tre agenti di scorta, il boss è stato condannato come mandante del sequestro e dell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino che insieme a Brusca era tra gli organizzatori dell'attentato a Falcone. 

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