La Corte Suprema non ferma il boia per Teresa Lewis

Roberto Amaglio

La Corte Suprema degli Stati Uniti non ferma il braccio della morte per Teresa  Lewis. Domani alle ore 21 nel Centro correzionale di Greensville, in Virginia, si terrà infatti l’esecuzione della donna condannata a morte per la parte avuta negli omicidi del marito Julian e del figliastro Charles 'C.J.' Lewis. Il duplice omicidio si era concretizzato nel 2002, con la donna che era stata mossa dalla prospettiva di incassare i soldi di una polizza di assicurazione, 250mila dollari, e di fuggire con l’amante. Dopo la pronuncia della Corte, l’avvocato difensore James Rocap ha accusato il sistema. "Una persona buona e onesta sta per perdere la vita a causa di un sistema che non funziona". Del resto gli avvocati della donna avevano già tentato di battere anche la strada della grazia, avanzata al governatore dello stato della Virginia, Robert McDonnel. Una richiesta che si basava sull’esito di una perizia psichiatrica dalla quale è risultato che la donna ha un quoziente intellettuale al limite del ritardo mentale e sostenendo dunque che è stata manipolata dai suoi complici - ed esecutori materiali del delitto - al fine di realizzare il duplice omicidio. Tra l’altro i due uomini che hanno compiuto gli omicidi, Shallenberger e Fuller, sono già stati condannati, ma non alla pena di morte bensì all’ergastolo. Iniezione letale, invece, per la 41enne Lewis, a cui nulla è valso dichiarata colpevole e pentita per quanto fatto. Quella della Lewis rappresenta per la Virginia la prima condanna alla pena capitale di una donna da quasi cento anni a questa parte. Reazioni - Contrario a tale sentenza Pietro Marcenaro, Presidente della Commissione per i Diritti Umani del Senato. "Sarebbe un segno di importanza straordinaria, nei giorni in cui si svolge l'assemblea delle Nazioni Unite e dopo il successo per fermare l’esecuzione di Sakineh in Iran, se le autorità americane prendessero una decisione positiva contro l'esecuzione di Teresa Lewis". E a proposito dell’Iran, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha colto l’opportunità per scagliarsi contro "l’ipocrisia" statunitense. "Se per Sakineh c'è stata una bufera mediatica senza precedenti - ha sottolineato Ahmadinejad, negli USA per l'Assemblea generale dell’ONU -, la comunità internazionale ignora un caso sorprendentemente simile. Una donna sarà uccisa negli Stati Uniti per omicidio ma nessuno protesta, mentre per Sakineh ci sono 3,7 milioni di pagine su Internet".