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Riforma Gelmini congelata. La protesta degli studenti a Montecitorio

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Mancano le risorse per coprire le 9mila assunzioni. La soluzione di Bersani: "Si vendano le frequenze tv"

carlotta mariani
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La commissione Bilancio della Camera ha deciso di rinviare a dopo la Finanziaria il parere sulla riforma Gelmini. La riforma era il secondo punto della riunione di stamattina ma i deputati hanno stabilito di mettere da parte il provvedimento fino a nuovi chiarimenti sulle coperture. Non si esclude che la tanto sbandierata riforma, uno dei cavalli di battaglia della politica del fare dell'esecutivo Berlusconi, sia ripescata con il decreto milleproroghe in dicembre. Un passo indietro nel governo che sta creando tensione tra i ministri. Al punto che lo stesso Berlusconi si sarebbe detto pronto a mediare tra Gelmini e Tremonti, per fare in modo che la riforma vada davvero in porto. Intanto gli studenti, come promesso, stanno assediando Montecitorio. Alcuni hanno ammesso di essere contenti per lo stop da parte del consiglio dei ministri alla riforma. Meglio nessuna riforma che una cattiva riforma, è la spiegazione. Casse vuote  - Il ministero del Tesoro ha fatto sapere ieri che gli emendamenti inseriti sono tali "pregiudicare la stabilità dei conti di finanza pubblica". Particolarmente critici sarebbero quelli che porterebbero a nuovi concorsi per i 9 mila professori associati. Il Mef ha sottolineato che il fondo a cui si vorrebbe attingere (quello per gli interventi strutturali di politica economica) è impegnato per l'attuazione della manovra di bilancio relativa al 2011. Il ministero pone anche problemi sulla modifica che prevederebbe una retribuzione aggiuntiva per i ricercatori che prendono in carico corsi o moduli di corsi. Bocciato anche l'emendamento che riguarda la possibilità per gli studenti da 110 e lode di non restituire eventuali prestiti d'onore richiesti al fondo.  Il ministero è poi critico sull'istituzione di un comitato nazionale dei garanti della ricerca che potrebbe portare a nuove spese per la finanza pubblica e sull'obbligo che gli assegni di ricerca non siano inferiori a 20.000 euro all'anno. Di queste problematiche si parlerà ancora non giovedì, bensì venerdì. Un altro rinvio che illustra alla perfezione l'aria pesante che si respira in Parlamento sulla riforma dell'università. La soluzione di Bersani - Una proposta per reperire fondi arriva dal leader del Pd Pierluigi Bersani: si potrebbe avere "un forte aumento delle risorse per la scuola e l'università mettendo in vendita le frequenze liberate dalla transizione al digitale, come fece già il governo dell'Ulivo nel 2001  con le licenze Umts.  I Paesi che hanno messo a gara le frequenze - dichiara Bersani al Corriere - hanno incassato un bel po' di miliardi. Potremmo spenderli a favore dei migliori atenei, per i piani di ricerca ben selezionati, per investimenti nel diritto allo studio e per la realizzazione di infrastrutture scientifiche nel Mezzogiorno che solo con la politica della conoscenza può rimettersi in cammino". Presentata dal governo come il "trionfo della meritocrazia", la riforma-Gelmini dell'università è in realtà un "monumento alla burocrazia". Assedio a Montecitorio - Intanto continuano le proteste del mondo della scuola. Dopo le manifestazioni di venerdì  8 ottobre, nelle università italiane si continua a respirare un clima di tensione. L'Unione degli Universitari ha annunciato che dal 14 ottobre, giorno di inizio della discussione del ddl alla Camera, presiederà davanti a Montecitorio. “La riforma Gelmini rappresenta la morte dell'Università pubblica, della ricerca di qualità, del diritto allo studio” si legge sul sito in cui si invitano tutti i giovani a raggiungere Roma. D'accordo con ‘l'assedio', Link-coordinamento universitario. "I cortei partecipanti della scorsa settimana ci danno lo slancio necessario per continuare la protesta contro i tagli e il ddl Gelmini – ha detto Elena Monticelli, responsabile di Roma - che rappresenta l'atto finale del processo di privatizzazione dell'università e dello smantellamento del diritto allo studio." Intanto molti atenei sono stati occupati. La Sapienza, Roma – In assemblea, lunedì 11 ottobre,  la facoltà di Ingegneria ha deciso per l'occupazione per dare una svolta alla protesta. Durante la settimana ci saranno incontri, dibattiti, lezioni in piazza a Montecitorio. “ Siamo studenti e ricercatori che dal 27 settembre difendono l'università pubblica demolita dalla legge 133 del 2008, dal DDL 1905 ora in approvazione e più in generale dalle politiche di privatizzazione degli ultimi 20 anni” hanno spiegato. Giovedì 14 ottobre parteciperanno all'assedio di Montecitorio e il 16 si uniranno alla grande manifestazione della Fiom. Lettere e Filosofia, Arezzo – Gli studenti del comitato UniSim hanno occupato il campus universitario del Pionta. I giovani dicono che la loro è più “la creazione nelle aule di questo spazio, di un laboratorio aperto denominato Auto Facoltà”. In una nota spiegano che si tratta di un luogo aperto, “gestito con l'appoggio di docenti, ricercatori ed esterni all'Università” e comprenderà “anche un laboratorio si documentazione audiovisivo e un cineforum”. Alma Mater, Bologna – I ricercatori hanno indetto una settimana di proteste in tutte, o quasi, le facoltà dell'ateneo. “Una nostra rappresentanza – aggiungono – andrà anche a Roma per protestare con gli altri ricercatori e non ci fermeremo nemmeno se la legge passerà. Continueremo a dar battaglia". Università di Padova – Sciopero fino al 18 ottobre nelle facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. La protesta dura da settimane con scioperi della fame, esami e lauree di notte, manifestazioni con il lutto al braccio. Molti ricercatori hanno ritirato la propria disponibilità a insegnare e i presidi sono costretti a tagliare o accorpare gli insegnamenti. Unione degli Universitari, Parma – I ragazzi dell'associazione, insieme ai ricercatori dell'Università degli Studi di Parma, stanno facendo volantinaggio agli ingressi del campus. L'obiettivo è quello di “informare il personale universitario e soprattutto tutti gli studenti che oggi incominciano il loro anno accademico". La mobilitazione di Parma continuerà con assemblee e iniziative locali. I ricercatori hanno poi fatto una promessa: il 14 ottobre saranno tutti presenti a Montecitorio. Università di Bari – La protesta ha stravolto il calendario delle lezioni: 456 ricercatori su 726 hanno depositato la dichiarazione di indisponibilità a insegnare. "Noi stiamo agendo in piena legalità, rifiutandoci di assumere carichi didattici aggiuntivi – hanno detto - non possiamo essere tacciati di interruzione di pubblico servizio". Più di 600 corsi sono a rischio.

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