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Che tristezza questo Mogol "politicamente corretto"

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Il cantautore contro "Emozioni": "Oggi non scriverei il verso sui fari spenti"

Giulio Bucchi
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Mogol si pente e condanna all'oblio la frase di una delle canzoni più celebri del duo Mogol-Battisti. Parliamo di Emozioni, quando l'immortale Lucio, tutto d'un fiato, urla: "e guidare a fari spenti nella notte, per vedere se poi è tanto difficile morire"… Una frase, una canzone che, per i fan del cantante con la voce e la chitarra più graffianti d'Italia, è un pilastro della sua discografia. Mogol, però, dice che oggi " se potessi tornare indietro, non scriverei più quella frase". Lo ha dichiarato a margine di una manifestazione per la sicurezza stradale. Quindi, chi scrive, si augura che si tratti di una confessione dovuta più che di un sentito convincimento.  La canzone incriminata - Emozioni è un fraseggio emozionante senza sosta. Quel passaggio incriminato, delirante finché si vuole, folle, stupido, diseducativo è forse l'apice. E come scordare, poi, che un poco più avanti nella canzone incriminata, lo stesso Mogol, autore di tutti i testi delle canzoni del primo Battisti, gli fa dire "e prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po' scortese, sapendo che quel che brucia non son le offese". Allora, dobbiamo pensare, se Mogol partecipava a un seminario sulla violenza nelle strade o sul bullismo nelle scuole, avrebbe sconfessato quest'altro verso? La dichiarazione di Mogol suona tanto di revisionismo storico. Un'operazione di pulizia moralistica dei testi delle canzoni che si sa dove comincia ma non dove finisce. Basta pescare nella propria memoria le parole di alcune delle nostre canzoni preferite per scoprire che sono piene di frasi insidiose e politically uncorrect come quella di guidare a fari spenti per provare il brivido dell'imprevisto.  Censura anche per Vasco, De André, Buscaglione - Il bersaglio più facile? Vasco Rossi. Se stiamo a scandagliare le sue canzoni ce n'è per tutti i gusti: pedofilia, masturbazione, droga. Vita spericolata, Fegato fegato spappolato: bastano i titoli e in base al ragionamento di Mogol andrebbero messe all'indice. Per non parlare di Gabry, dove lui fa l'amore con una minorenne ("è stata colpa mia, tu hai 16 anni ed io ed io… ma adesso spogliati, che voglio morderti, voglio sentire ancora il tuo piacere esplodere col mio") o di Albachiara (“qualche volta fai pensieri strani, con una mano una mano ti sfiori…"). Che dire di Fabrizio De André, che osanna le prostitute (Bocca di  Rosa), onora i suicidi (La Canzone del Miché) e insulta i giudici ("un nano è una carogna di sicuro, perché ha il cuore troppo vicino al buco del culo"). Persino un romantico e burbero Fred Buscaglione, in Piccola così, andrebbe censurato: “quattro schiaffi t'ho servito, tu m'hai detto disgraziato, la pistola mi hai puntato, ed un colpo mi hai sparato!". Mogol, ripensaci: vietare il proibito è battaglia persa. E i giovani, certo, non andranno a schiantarsi con la macchina per via di una canzone. Michela Ravalico

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