Senato, arriva la fiducia: Fli si astiene, 162 i sì
Esito scontato a Palazzo Madama, 135 i no. Sorpresa dai finiani, stessa scelta da Mpa. Ma il non voto è sfiducia
Nel giorno del B-Day la prima tappa cruciale è al Senato, dove il Presidente del Consiglio ha ottenuto la prima fiducia della giornata. Nell'Aula di Palazzo Madama la maggioranza tranquilla ha votato compatta per il sì, che ha vinto con 162 voti. 135 i no, mentre gli astenuti sono stati 11. Il Governo Berlusconi IV ha dunque ottenuto la maggioranza assoluta al Senato (162 voti su 321 senatori). In quest'Aula Pdl e Lega hanno complessivamente 160 senatori, mentre non hanno votato il presidente Schifani ed il senatore siciliano del Pdl Galioto, assente. Hanno invece votato la fiducia i senatori Fosson (Union Valdotaine), Villari (Misto), Burgaretta (Mpa) e Cuffaro (ex Udc). Quindi, a votare "sì" alla fiducia sono stati tre senatori più del "previsto". Il Premier, giunto in Aula intorno alle 9, si era detto "fiducioso e sereno". Per il voto al Senato, ma probabilmente anche per quello alla Camera. LE DICHIARAZIONI DI VOTO - Uno dei primi a parlare nel dibattito è stato il capogruppo di Futuro e libertà Nicola Viespoli, che - un po' a sorpresa - ha affermato che il suo gruppo si asterrà. Non cambia nulla, comunque, nella conta, dato che a Palazzo Madama l'astensione corrisponde ad un voto contrario. Come già richiesto nella giornata di lunedì, in quella che era stata definita "l'ultima offerta a Berlusconi", Viespoli ha chiesto al Premier di dimettersi dopo il voto del Senato. Dopo queste parole, dai banchi della maggioranza hanno fischiato il capogruppo di Fli, e il Presidente Schifani ha dovuto richiamare l'Aula all'ordine. Secondo Viespoli, "c'era una diarchia all'interno del centrodestra. Il centrodestra non era un partito, era una lista, quella del Pdl, dove confluivano più storie politiche con pari dignità tra cui quella di An con la leadership di Gianfranco Fini. Proprio quella diarchia di leadership aveva determinato il successo del centrodestra, con quel premio di maggioranza che almeno sulla carta garantisce stabilità. La rottura di quel patto è il primo elemento di incoerenza rispetto al voto popolare, con l'Ufficio politico del Pdl che ha dichiarato incompatibile col partito il cofondatore Fini, determinando un processo politico che ha come causa fondamentale la pretesa dell'autosufficienza, che ha determinato un enorme errore politico di cui ancora oggi rischiamo di pagare le conseguenze" Anche il Südtiroler Volkspartei si è astenuto, mentre il Movimento per l'Autonomia, che aveva annunciato l'intenzione di voler non votare, si è spaccato: Giovanni Pistorio e Vincenzo Oliva hanno votato la sfiducia; Sebastiano Burgaretta ha votato la fiducia. L'Italia dei Valori, per bocca del suo capogruppo Felice Belisario, è tornato a chiedere le dimissioni immediate del Cavaliere: scontato che, da parte loro, giunga il voto di sfiducia. Durante il suo intervento, Belisario ha definito Berlusconi "il più incredibile presidente del Consiglio che sia mai esistito": è scattato un applauso bipartisan per il fedelissimo di Di Pietro. Ovviamente ogni partito aveva le sue ragioni per applaudire. I tre senatori dell'Unione di centro votano con l'opposizione: il partito di Casini sfiducia il governo. Secondo Anna Finocchiaro, presidente del Partito democratico al Senato, "Berlusconi non è eletto dal popolo. Questa è una democrazia parlamentar. Dire che Fini è di sinistra - ha proseguito - è argomento da comizio di Paese. Fini rappresenta una destra che rispetta la Costituzione". I sei senatori a vita (Andreotti, Ciampi, Colombo, Levi Montalcini, Pininfarina e Scalfaro) sono assenti e non hanno votato. INDISCREZIONI - Secondo diverse agenzie, apparse dopo la promessa di astensione da Fli, si stava verificando proprio quello che era stato chiesto dai finiani nella giornata di lunedì. Dalla maggioranza giungevano voci secondo cui Berlusconi sarebbe salito al Quirinale intorno alle 11:15, poco dopo il voto del Senato. Da Napolitano, il Premier avrebbe rassegnato le dimissioni. Ma pochi minuti dopo la pubblicazione Silvio ha smentito e ha detto: "Non mi dimetto assolutamente".