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Massacro di Vibo, 4 fermi. "Scena apocalittica"

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Il reo-confesso: "Ero stanco dei soprusi che subivo". Gli inquirenti: "Pioggia di fuoco, peggio dei delitti di mafia"

Cristina Dei Poli
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Sono stati covalidati quattro fermi per la strage di lunedì sera nella masseria di Filandri, in provincia di Vibo Valentia.  Sono Ercole Vangeli, un commerciante di 44, che già nella serata dell'eccidio aveva confessato la responsabilità della strage. L'uomo ha consegnato anche una pistola, una calibro 9x21 detenuta legalmente. Gli altri tre fermi riguardano il fratello di Vangeli, Francesco Saverio di 54 anni, pensionato, Pietro Vangeli, figlio 23enne di Francesco, e Giovanni Mazzitello, 30 anni, genero di Francesco. PIOGGIA DI FUOCO - I quattro secondo quanto reso noto nel corso di una conferenza stampa, a cui erano presentiil procuratore capo Mario Spagnuolo e il sostituto Michele Sirgiovanni - lunedì, poco dopo le 17,10, sarebbero entrati in azione nella masseria dei Fontana, aprendo una pioggia di fuoco. I colpi esplosi sarebbero circa una quarantina. La magistratura ha disposto l'esame autoptico delle vittime, affidato al medico legale Katiuscia Bisogni, che comincerà mercoledì il proprio lavoro. "STANCO DEI SOPRUSI" - "Ero stanco dei soprusi continui che subivo", ha dichiarato il reo-confesso, Ercole Vangeli, parlando di episodi che lo avrebbero portato all'esasperazione. L'accusa è quella di omicidio plurimo. Gli interrogatori sono proseguiti9 per tutta la notte. I quattro erano stati portati in caserma già lunedì sera, e all'origine del loro gesto ci sarebbe stato l'ennesimo diverbio tra due nuclei familiari per questioni di invasione di terreni e vecchi attriti personali. FAMIGLIA STERMINATA - La famiglia Fontana, sterminata nella strage, aveva avuto in passato alcuni problemi con la giustizia per reati legati al patrimonio, ma da subito l'eccidio non sembrva avere legami con la 'ndrangheta. Nel momento della sparatoria, sul posto non erano presenti né la madre né la sorella dei quattro uomini uccisi. E' stata proprio la madre, dopo una telefonata anonima, a ritrovare le vittime. La donna ha cercato di rianimare uno dei quattro figli che però è morto durante il trasporto in ospedale. "MAI VISTO SIMILE BARBARIE" - "Non si tratta di un delitto di mafia, è peggio". Nella parole del procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, c'è tutta l'amarezza umana per una strage che ha scosso tutta la comunità di Filandari. "Non siamo abituati a una simile barbarie", ha aggiunto il magistrato, "mentre conosciamo le stragi di mafia. Questa terra non merita questi gravi fatti". Nel corso dell'incontro con la stampa, presenti anche i vertici delle forze dell'ordine, il procuratore e il sostituto che si occupa dell'inchiesta, Sirgiovanni, hanno confermato che alla base della strage ci sarebbero le angherie dei Fontana alla famiglia Vangeli per questioni riguardanti alcuni terreni. IL TESTIMONE - All'eccidio ha assistito un bracciante romeno. Il testimone, che lavorava nella zona, è stato condotto in caserma dalle forze dell'ordine e interrogato. E' stato proprio lui a chiarire la dinamica della strage. L'uomo e riuscito a nascondersi e a dare l'allarme. Oltre a Domenico Fontana (61 anni), hanno perso la vita i figli Pasquale, di 37 anni, Pietro di 36, Emilio di 32 e Giovanni di 19, raggiunti da proiettili calibro 9x21 e 7,65, esplosi, secondo le prime ricostruzioni, da due persone. LE DICHIARAZIONI DELLA PROCURA - Il ricorso alla violenza per risolvere i problemi "sembra un copione dell'800 per chi non è di Vibo, ma qui è un fenomeno all'ordine del giorno. Mai però si era verificato tutto ciò, un intero nucleo familiare sterminato". Lo ha detto il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli delle indagini che hanno permesso di arrivare ai quattro responsabili dell'omicidio di Domenico Fontana e dei suoi quattro figli ieri pomeriggio in una masseria in località Olivarella di Scaliti a Filandari. La scena che si è presentata agli occhi di investigatori e inquirenti è stata definita "apocalittica", "un dramma di proporzioni assolute". Spagnuolo ha parlato del tessuto sociale del vibonese, sostenendo che quanto accaduto è "espressione di una subcultura violenta di una popolazione che rifugge al rispetto della legalità". Il fatto che il contesto non sia mafioso, secondo il magistrato, è paradossalmente una aggravante proprio perchè si inserisce in un contesto socio-culturale. "Appropriarsi della violenza per risolvere i conflitti è un atteggiamento che risale all'epoca barbarica", ha concluso il capo della Procura.

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