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Repubblica, dalle dieci domande alle dieci bugie

Le forzature delle liste per fare cifra tonda e la biblica ossessione di D'Avanzo per il numero / BORGONOVO

Andrea Tempestini
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A Giuseppe D'Avanzo deve averlo rovinato il catechismo. Solo così si può spiegare la sua biblica ossessione per il numero dieci, la quale ritorna con frequenza costante nei suoi articoli. Del resto, nel mondo davanzesco ammantato di magia dove dimora il perfido Drago (Berlusconi), regna l'Egoarca (ancora Berlusconi) e spadroneggia il Sovrano (sempre Berlusconi) non può mancare la componente religiosa. In principio furono le dieci domande, che San Giuseppe ricevette - pare -  sul monte Sinai, dove una voce proveniente da un roveto ardente gli ordinò di lottare con tutte le sue forze contro il Cavaliere. E lui obbedì, sacrificando se stesso e pagine su pagine di Repubblica alla missione per conto di Dio. Le dieci domande vennero ripetute ogni giorno per mesi, anche dopo che Berlusconi aveva risposto, perché a essere importanti non erano le repliche di Silviuccio nostro, ma le domande in se stesse, e che fossero dieci, non una di meno. Ieri D'Avanzo è tornato alla carica sfoderando le “dieci menzogne di Berlusconi”. Ancora quel numero, di nuovo l'ossessione, ma con un tono diverso,  più misterico, adatto ai pezzi che da qualche giorno a questa parte il baffuto cronista sforna a getto continuo. Da quando si occupa dell'inchiesta della procura milanese, infatti, il suo stile si è fatto più  scabroso, ricco di suggerimenti per pochi eletti e di voci di corridoio spifferate direttamente dai pm. Attualmente D'Avanzo scrive come un affiliato alla setta dei  Pitagorici. I quali, non a caso, veneravano il dieci, considerato il numero perfetto e denominato Tetraktys: rappresentava i quattro princìpi cosmogonici aria, acqua, terra e fuoco. Elementi che il mastino di Repubblica , se ne avesse il potere, non esiterebbe a scatenare in tutta la loro furia contro il Cavaliere. Dal suo articolo di ieri, è evidente la necessità di arrivare  alla cifra, al dieci, a costo di inserire nel novero delle menzogne vere assurdità. Prendiamo la decima “bugia”. Secondo D'Avanzo, Berlusconi mente quando dice «non mi devo vergognare». Anche se quella del Cav fosse una considerazione fuori luogo, come si fa a dire che è una balla? Ma per il mistico Giuseppe c'è poco da fare: Silvio «deve» vergognarsi. E che sia fissato a norma di legge il prima possibile. Le altre “menzogne” non sono meno improbabili. Numero nove: il Cav dice di non aver mai pagato una donna per avere rapporti. Il braccio armato di Ezio Mauro sostiene che non è vero, che il Drago ha distribuito soldi a destra e a manca. Peccato che nessuna delle ragazze  abbia mai dichiarato di aver offerto in cambio del denaro la propria virtù. Meravigliosa anche la “bugia” sei. Il premier dice: «Hanno violato la mia casa». Per D'Avanzo non è vero: è Berlusconi che «oltraggia» casa propria, con la sua stessa presenza.  Andiamo avanti. La prima “menzogna” di Silviuccio sarebbe l'affermazione: «Non ho mai minacciato nessuno». E in effetti nella telefonata al capo di gabinetto della Questura di Milano non c'è traccia di intimidazioni. Ma Beppe è irremovibile: mente, perché le telefonate ricevute dal funzionario sono ben più di una. E allora? Tante chiamate uguale minaccia? No, affatto. Pur di raggiungere l'amato numero dieci, D'Avanzo nega persino l'evidenza. Le “balle” due e tre del Cav sarebbero: «Non ho fatto sesso con Ruby»; «anche Ruby mi scagiona». Per il cronista di Repubblica non è vero, peccato però che tutte le dichiarazioni della ragazza in proposito (cioè al di fuori delle telefonate intercettate, dove potrebbe anche vantarsi e sparare stupidaggini) confermino la versione del presidente del Consiglio. Ma non importa, bisogna arrivare alla cifra tonda, anche a rischio di stendere  elucubrazioni da azzeccagarbugli sul numero di processi affrontati da Silvio (elemento irrilevante nella vicenda), sulla data di inizio del monitoraggio di Arcore (che sarebbe «a ritroso» e non «in tempo reale», sai che differenza), sul fatto che sia competente il tribunale dei ministri o quello di Monza, e sul numero di uomini  dispiegato dalla procura, rispetto al quale D'Avanzo offre i propri dati senza uno straccio di citazione ufficiale. Povero Giuseppe, che   arrampicate sugli specchi, tutte per un numerino. Ma l'ossessione è l'ossessione. Il dieci è il dieci. Chissà che litigi faceva da piccolo il nostro  al momento di scegliere le maglie per la partita di calcio. E chissà che s'inventerà prossimamente. I dieci piccoli indiani del Cavaliere nel bosco di Arcore? In tutti questi conteggi, ci consola che una cosa, almeno, sia certa: dieci ragazze a Silviuccio non bastano proprio. di Francesco Borgonovo

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