Meloni: "Giovani flessibili sì, ma non per tutta la vita"
Il ministro: "Chi entra nel mercato non può essere discriminato"
Ministro Meloni, scenderà in piazza con le donne, domenica? «Libero di partecipare chi ci andrà, ma è una manifestazione strumentale, e a me piace continuare a occuparmi del mio lavoro, anche e soprattutto ora». Già, ma la questione del merito? Si dice: i giovani oggi rischiano di pensare che si vada avanti solo grazie a spintarelle... «Ma non è vero per niente! Anche in politica è pieno di gente che merita. Se mi guardo intorno vedo persone che hanno fatto anni di gavetta. E poi, comunque, smettiamo di generalizzare. Creiamo una percezione sbagliata, se continuiamo a dire che non vai da nessuna parte se non sei un bullo o una velina. La realtà è un'altra. C'è anche questo, ma non solo questo. Stop ai sensazionalismi da titolo di giornale. L'Italia non è un Paese agonizzante e se il merito stenta ad affermarsi è perché siamo figli di una cultura sessantottina, per la quale il merito è nemico dell'uguaglianza. Ne è presupposto, invece, e su questo stiamo lavorando». Eppure i giovani stanno a casa. L'Istat dice che la disoccupazione giovanile ha toccato il 29% in dicembre, un record... «Ne prendo atto, ma è demagogia dire che è tutta colpa del governo, come fa chi non ha voglia di risolvere i problemi e chi per anni non ha guardato all'eredità che lasciava alle generazioni future. In Italia la media di disoccupazione giovanile è più bassa di quella europea. È vero che il problema è serio. Ma questo governo non ha mai pensato di risolvere tutto con una bacchetta magica. Non scaricare i costi su chi verrà dopo di noi, questo è stato l'approccio. Abbiamo invertito una tendenza, quella di cercare il consenso nell'immediato. Si veda la riforma della scuola e dell'università, pensata con il coraggio di non rimandare le scelte difficili e prendendoci le responsabilità. Ma va fatto anche un altro passaggio...». Prego? «Attenzione ai dati Istat: non che non siano attendibili, ci mancherebbe, ma si riferiscono alla fascia tra i 15 e i 24 anni. Non tutti, tra questi giovani stanno cercando effettivamente lavoro. Lo sottolineo perché dobbiamo focalizzarci su una fascia ancor più critica. Ai giovanissimi si è pensato con la promozione del contratto d'apprendistato e con la riforma Gelmini. Ma chi ha tra i 25 e i 35 anni è schiacciato, rischia di non avere garanzie. Di questi giovani, ci siamo occupati in sinergia con i ministeri del Welfare e dell'Istruzione con dei provvedimenti precisi». Ma come commenta il fatto che alcune categorie, come quella dell'artigianato, denunciano la difficoltà a trovare profili professionali? Le imprese, poi, sottolineano spesso una distanza tra i banchi di scuola e il mondo del lavoro. «La riforma Gelmini si muove proprio nell'ottica di riallineare le competenze di chi studia, aprendo anche un dialogo con il territorio. Ora bisogna comunicare con i ragazzi, spiegare loro che la previsione di disoccupazione di un laureato in giurisprudenza a 5 anni dalla laurea è superiore al 30%, quella di un'infermiera vicino allo zero. Serve orientamento, così che possano compiere scelte consapevoli. È passata in Italia l'idea che chi pensa vale più di chi fa. Un messaggio devastante: il lavoro manuale ha un valore, è da recuperare. E voglio chiarire: non ho mai detto che i giovani italiani non siano umili. Li esorto, semplicemente, a considerare che ogni lavoro ha la sua dignità, non esistono i lavori “umili”. Tutto aiuta alla formazione della persona, e il tempo perso non te lo ridà indietro nessuno». Lei ha presentato un pacchetto di misure dal titolo eloquente: “Diritto al futuro, bamboccioni a chi?”. Comincerà ad essere operativo nei prossimi giorni. In questo pacchetto si dà un obiettivo: creare 10mila posti di lavoro a tempo indeterminato. Ma non si era detto per anni che il futuro sarebbe stata la flessibilità? «Non ho mai detto che la flessibilità sia la soluzione migliore in assoluto. So che non possiamo tornare indietro, so anche che la società nel nostro Paese non si è adeguata al mondo che cambiava. Se la flessibilità era stata pensata come una soluzione di inizio percorso, oggi i giovani rischiano di non ottenere mai garanzie certe. Questo significa non avere le stesse opportunità, non poter ottenere un mutuo, avere difficoltà a fare famiglia. E le misure del ministero della Gioventù mirano - con un fondo di garanzia di 50 milioni di euro - all'accesso al mutuo per le giovani coppie con questo tipo di contratto. Questo significa combattere le discriminazioni, puntare sul merito». Cosa consiglierebbe a un giovane che si affaccia al mondo del lavoro? «Consapevolezza. La nostra generazione è piena di rabbia, ma fare la rivoluzione non serve. È utile invece partecipare, proporre, per accrescere i diritti. Ho visto studenti scendere in piazza per difendere i diritti dei baroni. Quell'energia venga invece sfruttata per dare un segnale positivo». di Giulia Cazzaniga