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Pisapia: "La casa è un diritto di tutti". Poi arrivò il Trivulzio...

L'autogol del candidato anti-Moratti a Milano. In un libro scriveva: "Alloggi a chi ha bisogno" / BORGONOVO

Giulio Bucchi
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La casa,  pardon, il caso è chiuso. Lo sostiene Giuliano Pisapia, candidato sindaco di Milano per il centrosinistra e compagno di Cinzia Sasso, giornalista  di Repubblica a cui il Pio Albergo Trivulzio ha affittato un'abitazione a prezzo stracciato  a partire dal 1988,  per intercessione dell'allora sindaco craxiano Paolo Pillitteri. Quando il nome della signora ha fatto capolino nelle liste dell'Affittopoli  scoperchiata da Libero, ne è scaturito un uragano che ha investito il rifondarolo Pisapia  procurandogli  critiche anche dai suoi fan,  tanto da essere costretto  a  precisare sul suo sito: «Giuliano Pisapia è residente e vive a Milano in una casa di sua proprietà nelle vicinanze del Tribunale».   Lui, però, è sicuro: «La vicenda è chiusa. Ci sono i problemi della città da affrontare». Afferma che a mollare la corsa per la poltrona di primo cittadino non ci pensa nemmeno: «Nessun passo indietro perché la mia vicenda è assolutamente chiarita, non c'è nessun “problema Pisapia”, vado avanti e vado avanti per vincere». E già ieri sera pontificava di politica estera all'Infedele di Gad Lerner. In un'intervista uscita ieri proprio su Repubblica, poi, l'avvocato minimizzava: «La mia leggerezza è stata quella di non parlare prima, pubblicamente, di un fatto oggettivo, frutto di una vicenda precedente all'inizio del rapporto con la mia compagnia. Accetto i rilievi e le critiche, in futuro farò più attenzione, anche se qui non stiamo parlando né di reati né di abusi». Non ci saranno  abusi, però c'è una questione morale - scusate il gioco di parole - grande come una casa. Ora Pisapia non accetta che «si getti fango sul mio affetto più caro per colpire me». Eppure il primo a utilizzare toni  da  inflessibile difensore della trasparenza è stato proprio lui. Basta sfogliare il libro “elettorale” che ha appena sfornato per l'editore Baldini, Castoldi e Dalai. Si intitola Cambiare Milano si può. Citiamo: «Oggi i giovani sono logorati dall'attesa: di una casa, di un lavoro. Sono costretti a stare nelle case dei genitori fino a 30 anni, un'età impensabile per i loro compagni europei. Ai nostri figli Milano non offre altra possibilità che quella di andarsene». Altrove, l'autore  promette: «Sto pensando a case per i giovani». Già, la casa, che macigno per chi non ha un Pio Albergo Trivulzio a venirgli in soccorso.  «La casa, il lavoro, la scuola, i soldi che non bastano più. La gente ha capito che non sarà questo sindaco, non sarà questa maggioranza, ad aiutarla. Non verrà da qui, dal centrodestra affarista, pasticcione, litigioso, la soluzione a nessuno dei nostri problemi». Magari sarà lui a risolvere tutto, cominciando con l'offrire al popolo la dimora di cui ha goduto la sua compagna fino ad oggi. E della quale avrebbero potuto usufruire altri forse più bisognosi, per esempio qualche  anziano . Nel  libro,  Pisapia giustamente s'indigna descrivendo la tragica situazione di una sciura: «Ha voluto portarmi a vedere casa sua. Un appartamento nelle case dell'Aler, in un palazzo di cinque piani dove solo tre alloggi sono occupati. Ci vivono quella signora e due famiglie straniere. Stop. Basta. Tutti gli altri piani sono vuoti, le porte d'ingresso agli appartamenti sbarrate, una lamiera inchiodata davanti. Quanti senza casa potrebbero averla, se il patrimonio pubblico non fosse gestito così?». Vero. Ma quanti potrebbero essere aiutati dal Trivulzio e non lo sono? Nel suo assalto saggistico  al centrodestra immorale che lascia all'addiaccio gli abitanti, l'avvocato non trascura nulla: «Il fatto è che qui, ormai, non si costruiscono case per chi di case ha bisogno», ruggisce.  «Si lasciano sfitti perfino gli alloggi pubblici; ed è indecente, perché i milanesi di case hanno fame». Bravo, hurrà. Ma la pigione scontata alla sua compagnia Cinzia come va giudicata? Per Pisapia è roba  da archiviare. Storia vecchia,  ha detto ieri al Corriere: «Avevamo deciso di andare a vivere insieme e la nostra casa avrebbe dovuto essere pronta per novembre (...). Poi, come immagino sia accaduto a molti, ci sono stati ritardi nei lavori». Sì, capita a  un sacco di gente. Ma quelli che possono ovviare alla difficoltà grazie a un Pio Albergo sono pochini.   In fondo Pisapia ha ragione: cambiare Milano si può. Anche cambiare casa si può. Bastava farlo un po' prima, magari vent'anni fa, lasciando l'abitazione del Trivulzio ai vecchietti che hanno «fame». di Francesco Borgonovo

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