Napolitano: troppo casino, solite banalità
Il Capo dello Stato rilascia un'intervista a un quotidiano tedesco: titoloni sparati e stiracchiati / DI FILIPPO FACCI
I giornali di ieri sono già preistoria, ma vogliamo perlomeno annotare - domanda - che si sono occupati completamente del nulla? Vogliamo lasciar scritto, da qualche parte, che hanno aperto le prime pagine parlando di niente? La «notizia», in teoria, era che il Capo dello Stato aveva rilasciato un'intervista a un quotidiano tedesco: e da qui i titoloni, sparati e stiracchiati come in genere succede dopo il discorso di Capodanno. L'Unità: «Il Colle dice basta», con foto di un semaforo rosso e il sottotitolo: «Napolitano smonta i proclami antigiudici del Premier». Il Giornale titolava giusto al contrario: «Il golpe è fallito. Napolitano infrange i sogni di ribaltone: “Il governo va avanti finché ha la maggioranza in Parlamento”». Repubblica tornava a rovesciare le cose: «Napolitano: “Il processo Ruby sarà giusto”». Il Messaggero invece ci vedeva un misterioso monito: «Ruby, richiamo di Napolitano»; richiamo a chi? Il Corriere della Sera, infine, si manteneva ambiguo e al Capo dello Stato attribuiva questa: «Sarà un processo secondo giustizia», frase buona per rassicurare innocentisti e colpevolisti. Bene, ma davvero Napolitano ha detto tutte queste cose? Davvero ha fornito, come appunto nel classico discorso di Capodanno, tutta questa massa di parole che consentisse a ciascuno di titolare a modo suo? La risposta, inequivocabile, ce l'abbiamo grazie alla Stampa, unico quotidiano che ha riportato testualmente tutta l'intervista del quotidiano tedesco «Welt am Sonntag» e scritta da Thomas Schmid, che in Italia è come dire «Mario Rossi». Ebbene, l'intervista in realtà è dedicata per il 9% a tutt'altro: l'Unità d'Italia, la Resistenza, il Risorgimento, l'identità nazionale, fascisti e antifascisti, persino Pasolini, mentre al governo e al caso Ruby è dedicata una parte così breve che possiamo riportarla tutta, testuale: «Un governo regge finché dispone della maggioranza in Parlamento e opera di conseguenza. Penso che il presidente del Consiglio abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia. Confido nel nostro stato di diritto». Fine. Basta. Stop. Questa somma di banalità, istituzionalmente ineccepibili, è il crogiuolo da cui tutti i giornali italiani hanno forgiato tutte le armi che parevano loro: banalità che, a voler essere proprio pignoli, sembrano più garantiste che altro, banalità che in ogni caso sono state reputate più importanti di qualsiasi altra notizia (al mondo) a cominciare dalle centinaia di civili trucidati in Libia. Per non parlare degli articoli sulle supposte «reazioni» del Cavaliere rispetto a critiche, quelle del Colle, che non ci sono neppure mai state: tipo «La furia del Cavaliere: il Colle sta esagerando», esempio di «retroscena» che sconfinano nella fiction. La spiegazione del resto è già incorporata nella stessa intervista de «Welt am Sonntag», laddove il giornalista tedesco così si rivolgeva a Napolitano: «Aprendo i giornali italiani, ogni giorno mi imbatto con tenace regolarità già nelle prime pagine in scandali politici, intrighi, come si usa dire in Germania: ”Ogni giorno si manda in giro una nuova scrofa”». Risposta di Napolitano: «In effetti non è piacevole. Troppo spesso si scelgono tono clamorosi, eccessivi, si manca di misura, molte analisi sono contraddistinte da un certo estremismo». Già. di Filippo Facci