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Fini: "Se il Fli fa flop lascio la politica" Farefuturo al verde, chiude il magazine

Il presidente della Camera: "Non mi dimetto". E intanto Filippo Rossi annuncia: "Non abbiamo fondi, chiudiamo"

Giulio Bucchi
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"Se Futuro e Libertà fallirà, lascerò la politica". La seconda promessa da marinaio Gianfranco Fini la fa in tv, davanti alle telecamere di Ottoemezzo su La7. Ospite ieri sera del talk show condotto da Lili Gruber, il leader Fli punta tutto sulla sua nuova creatura politica, che potrebbe rilanciarne le quotazioni oppure affossare definitivamente la sua carriera. La dichiarazione non poteva essere pronunciata in un momento peggiore per i fininani. Martedì ha infatti chiuso i battenti Ffwebmagazine, la rivista online di Farefuturo, fondazione da cui è poi scaturito Futuro e libertà. A comunicarlo è stato lo stesso direttore della testata, Filippo Rossi.  FINITI I SOLDI - Rossi ha motivato la drastica decisione per motivi di finanziamenti: "La società editrice ha dovuto prendere atto della assoluta impossibilità a continuare l'attività giornalistica per l'insufficienza delle risorse a sua disposizione», si legge in una nota della fondazione. "Quando cominciammo, nel gennaio 2009, ci eravamo proposti l'obiettivo dell'autonomia finanziaria entro un anno. Purtroppo, così non è avvenuto. Gli introiti pubblicitari si sono progressivamente ridotti", prosegue il comunicato, "rendendo oltremodo problematica la copertura dei costi redazionali e di gestione del sito. Da qui la decisione, difficile e dolorosa, di sospendere l'attività". Rossi però ha aggiunto: "Ma la mia (e la nostra) battaglia culturale e politica continua, con nuove (e ancora migliori) iniziative... Vi tengo aggiornati!".  Ad ogni modo, il quotidiano web Lettera43 sostiene che la chiusura sarebbe arrivata in seguito al drammatico congresso fondativo di Fli a Milano, che ha portato alla fuoriuscita di numerosi esponenti finiani. MONTECARLO - Insomma, uno smacco pesante per un partito sempre più debole. Ma al di là del balletto sul possibile peso elettorale (1%? 5%?), Fini si gioca soprattutto la faccia, visto che pochi mesi fa aveva giurato che avrebbe lasciato la poltrona di presidente della Camera nel caso si fosse dimostrato che la famosa casa di Montecarlo era di suo cognato Giancarlo Tulliani. Andò come tutti sanno, ma Gianfranco è ancora di stanza a Montecitorio, anzi. "Non credo che mi dimetterò. Un documento del Pdl per sfiduciarmi? Sarebbe irricevibile". Più chiaro di così. Con Futuro e Libertà decimato dalle defezioni, Fini si aggrappa ai fedelissimi. "Ronchi e Urso sono due amici, resteranno nel partito (in serata Urso ha confermato l'intenzione di rimanere futurista, ndr). Qualche volta nasce il sospetto che questi abbandoni avvengano non tanto per crisi di coscienza ma per ragioni meno nobili". Altra stoccata, indiretta, a Silvio Berlusconi, accusato nei giorni scorsi di corrompere i transfughi Fli. E lo scontro col premier è continuato per tutta la puntata. Prima il presidente della Camera non risponde, polemicamente, all'accusa del Cavaliere di un patto anti-riforme con i magistrati: "E' risibile". Quindi difende il presidente Napolitano, accusato dal presidente del Consiglio di rallentare l'azione di governo: "Se Berlusconi fosse uno studente di legge, all'esame di diritto costituzionale sarebbe bocciato". Infine, una dura parola sull'ipotesi di immunità: "Diventa insopportabile una concezione dell'autorizzazione che garantisca l'impunità". Non è un caso: Fini avrebbe incontrato il leader Idv Antonio Di Pietro, esprimendogli l'intenzione di appoggiare il referendum anti-legittimo impedimento.

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