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Avvelena i figli: scarcerato. Esce e spara al suocero

Malagiustizia a Brescia: stalker aveva dato mercurio ai bimbi, quindi ha colpito l'anziano con una balestra

Giulio Bucchi
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La vicenda, per la verità non giuridicamente così semplice come potrebbe apparire, è però di quelle sconcertanti, che quando accadono vien da chiedersi «ma che giustizia è questa?». Riassumiamo velocemente, visto che Libero se n'era già occupato denunciandone proprio l'assurdità. Paese Ome, zona bresciana della Franciacorta. Un marito neanche trentenne, imbufalito per la fine del matrimonio cui non si vuol rassegnare, comincia a perseguitare e minacciare la (ex) moglie - si chiama stalking, il reato in questione - e anche i genitori di lei, in qualche modo considerati corresponsabili. E addirittura arriva a puntare i figli, un bimbo di quattro anni e una di sei. Tanto che questi, dopo l'ennesima scenata, vengono affidati dai servizi sociali a una zia. Ma lui continua, inviando alla donna sms del tipo «ammazzerò i tuoi figli e tutti i tuoi familiari. Ho comprato una pistola con un colpo in canna per ciascuno». E ancora: «Vi infetterò tutti, ho con me un flacone di sangue con l'Hiv». La donna,  spaventatissima, naturalmente denuncia. Fino a quando, il 3 gennaio scorso, l'uomo va oltre. Si presenta a casa della cognata, dove stanno i bambini. Ha con sé dei pasticcini, li regala alla bimba. Che, fidandosi del papà, li mangia. Il giorno dopo, ecco che l'uomo lascia un biglietto sulla porta: «Ho dato del mercurio alla bimba. Poco. La prossima volta sarà peggio». Del mercurio? Ha avvelenato la piccola per vendicarsi della madre? E gli esami clinici confermano, trovano tracce del metallo nel sangue della bimba. L'uomo viene arrestato per tentato omicidio. Ma, a parere del giudice, la quantità non è sufficiente per sostenere l'accusa, che viene così derubricata in lesioni gravi. L'uomo viene liberato, con il divieto di avvicinarsi ai congiunti. Provvedimento la cui incomprensibilità, perlomeno per noi comuni mortali, viene segnalata dal nostro giornale. Fatto sta che il prevedibile diventa quasi subito realtà. Sabato scorso il marito violento e inconsolabile si apposta nel giardino della casa dei suoceri, armato addirittura di balestra. Aspetta che esca il padre dell'ex moglie, fa partire il dardo. Che si conficca nel collo del suocero. Poi continua a inveire, minacciare, malmenare. I vicini se ne accorgono, chiamano la polizia. Che arriva e lo riarresta. Ora il suocero 66enne è grave in ospedale, rischia la vita: certo adesso gli estremi per trattenerlo in carcere per tentato omicidio ci sono tutti. L'ex moglie accusa: «L'ho denunciato più volte, ma è rimasto libero...». E pensare che il giudice in questione, Cesare Bonamartini, s'era alquanto risentito, quando Libero - ai tempi dell'avvelenamento della bambina - aveva criticato la sua decisione di liberare l'uomo. In sostanza rimarcando che l'incarcerazione non è che si possa disporre in base a una valutazione personale - chessò, il giudizio sull'indole più o meno criminogena. Argomentazioni su cui un inguaribile garantista non può non riflettere. E però, insomma, esistono anche situazioni in cui il giudice non può nemmeno liquidare una faccenda sia pur giuridicamente scivolosa  con un'alzata di spalle. Perché sono casi come questo che contribuiscono a diffondere, magari ingiustamente, la sensazione che troppi criminali abbiano alla fine la possibilità di evitare il giusto castigo. Tanto per restare alla vicenda bresciana: visti i precedenti, la cosiddetta “reiterazione del reato” non era certo così improbabile, anzi. E dunque, non era possibile prolungare la custodia cautelare, se non in carcere almeno ai domiciliari? E un'altra cosa, che spesso ci si chiede: ma possibile che quando viene deliberato il divieto d'avvicinamento in seguito a molestie fisiche e psicologiche, possibile che non venga contestualmente disposto un servizio di sorveglianza per il molestatore in questione? Dice che il personale è insufficiente? Allora si valuti meglio la situazione.  E attenzione, che qui non si vuol certo ridurre i sacrosanti diritti di fronte alla legge a semplici formalismi. Però quel che non si può neanche fare è mettere a rischio, più o meno consapevolmente, la vita stessa delle potenziali vittime. Insomma, qui non si tratta di codice, ma di ragionevolezza. E ci sono casi in cui è quasi d'obbligo far prevalere la seconda sul primo. Ovviamente si spera che l'uomo ferito se la possa cavare. Se così fosse, perlomeno si sarà evitata un'altra vittima della carta bollata. Un'arma, quest'ultima, che sa essere davvero spietata. Soprattutto quando si traveste da giustizia. di Andrea Scaglia Ha collaborato Beatrice Raspa

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