Cerca
Logo
Cerca
+

Gianfranco, il novello gambero rosso Fa tre referendum contro se stesso

Contro il Cav sostiene i quesiti su legittimo impedimento (che votò), acqua e nucleare (leggi di Ronchi e Urso)

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Futuro e Libertà, insieme agli altri partiti del terzo polo Udc e Api, ha protestato contro la scelta del ministro dell'Interno Roberto Maroni di dire no all'election day e di far svolgere i referendum a giugno, in una data diversa rispetto alle elezioni amministrative del 15 maggio. «Censura» e «boicottaggio» sono state le parole usate dai finiani nei confronti della decisione che, oltre a costare allo Stato circa trecento milioni di euro, rischia di far saltare i quesiti per il mancato raggiungimento del quorum. La scelta di appoggiare i referendum proposti da Antonio Di Pietro, però, dentro Fli suscita imbarazzi e perplessità. E provoca la solita contrapposizione tra falchi e colombe. Perché, guarda caso, i quesiti riguardano leggi volute o appoggiate da esponenti futuristi. Che, su alcune questioni, hanno clamorosamente cambiato idea. LE AMNESIE FINIANE Prendiamo il quesito più scottante, quello per abrogare il legittimo impedimento. Il provvedimento è stato approvato dal Senato l'11 marzo 2009, con 168 sì, 132 no e 3 astenuti. La maggioranza di centrodestra ha votato compatta a favore, compresi gli ex An, che ancora erano tutti all'interno del PdL. Al famoso strappo di Gianfranco Fini, infatti, mancava ancora un anno. Qualche senatore vicino a Fini magari aveva storto un po' il naso, ma tutti erano ancora convinti che bisognasse in tutti i modi difendere il Cavaliere dai processi. «Il legittimo impedimento? Il prezzo da pagare per staccare la spina dalle fibrillazioni tra  Berlusconi e la magistratura. Un prezzo tutto sommato giusto», dichiarava lo stesso presidente della Camera in un'intervista all'Unità. I finiani successivamente hanno votato a favore anche alla Camera, il 3 febbraio 2010. Poi lo strappo dal PdL, la costituzione di gruppi autonomi, l'uscita dalla maggioranza. E ora i futuristi sono pronti a sostenere il referendum che abroga la legge. ACQUA E NUCLEARE Gli altri quesiti referendari riguardano Futuro e Libertà ancor più direttamente. Quello sul nucleare, infatti, chiede di abrogare la norma per «la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare». Peccato però che è stato proprio l'ex viceministro per le Attività produttive Adolfo Urso a sostenere la legge, facendosi promotore, tra l'altro, dell'Agenzia per il nucleare, organismo che avrebbe dovuto organizzare il ritorno delle centrali in Italia. Una scelta, quella per il nucleare, su cui Urso ha chiesto più volte il consenso del Partito democratico. E aperture verso le centrali erano arrivate anche da Fini. Il 24 febbraio 2009, per esempio, il presidente della Camera dichiarava che «nella politica energetica l'Italia paga la demagogia e il qualunquismo che hanno affossato il nucleare». Nel novembre dello stesso anno ecco ancora il co-fondatore del PdL dichiarare che «oggi il nucleare è certamente una fonte energetica sicura, per questo l'Italia dovrebbe andare in quella direzione per non essere più dipendenti al 95 per cento da altri Paesi sotto il profilo dell'energia».  E cosa dire del referendum contro la privatizzazione dell'acqua? Il decreto legge porta la firma dell'ex ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi. Il quale poi si è dimesso dall'incarico (come hanno fatto Urso e tutta la compagine finiana nell'esecutivo) su precisa richiesta di Fini quando Fli ha deciso di uscire dalla maggioranza. La norma è stata approvata dalla Camera nel novembre del 2009, ma ora Ronchi non sarà contento di vedere il suo nuovo partito sostenere un referendum che vuole annullare la legge. Che, secondo le sue parole, «non privatizza l'acqua, che rimane un bene pubblico, ma combatte i monopoli, le distorsioni e le inefficienze con l'obbiettivo di garantire ai cittadini una qualità migliore a prezzi minori». Ora anche Ronchi, come Urso, sarà costretto per spirito di partito e fedeltà a Fini ad appoggiare un referendum che inficia il suo lavoro? Le due colombe saranno disposte a ingoiare anche questo rospo, dopo essere state estromesse dalla plancia di comando del partito al congresso di Milano? BOCCHINO CAMBIA IDEA Ma sui referendum i finiani anche in passato hanno fatto la figura dei voltagabbana. Italo Bocchino, per esempio, nel 2008 si era schierato apertamente a favore dei referendum elettorali contro il ”porcellum” e per la reintroduzione delle preferenze proposti da Mario Segni e Giovanni Guzzetta, entrando addirittura nel comitato promotore, con tanto di foto di gruppo alla consegna delle firme. Ma poi l'attuale capogruppo finiano a Montecitorio cambiò clamorosamente idea, schierandosi contro l'abbinamento dei quesiti con le elezioni Europee del 2009. Risultato: si votò a giugno e i referendum non raggiunsero il quorum. di Gianluca Roselli

Dai blog