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Andreotti su Libia: "Usa sbagliano? Non penso"

Il Senatore a Vita: "Sicuri che gli americani siano in errore? Italia a torto accusata troppe volte per rapporti con Raìs"

Andrea Tempestini
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Un misto di cautela e realpolitik: torna a farsi sentire Giulio Andreotti. Il tema su cui il Senatore a vita e sette volte presidente del Consiglio si esprime è quello della crisi in Libia (leggi la cronaca di giornata) e della primavera che scuote il Maghreb. "Pima di dire che gli americani sbagliano su questo tema (gli Stati Uniti si sono detti pronti a un intervento militare, ndr) io ci penserei due volte", afferma Andreotti in un editoriale per il mensile 30 Giorni. Mentre sui rapporti tra Italia e Tripoli sostiene che "anche oggi dobbiamo cercare con loro le cose su cui si può convergere, altrimenti rischiamo di pagarne le spese". COMPAGNIE PETROLIFERE - "La reazione degli Stati Uniti a questa crisi", entra nel dettaglio Anderotti, "ha suscitato qualche critica, in quanto gli Usa sono lontani dal Mediterraneo: ed è vero che quando si vede un problema da lontano a volte è difficile comprenderlo in tutte le sue sfaccettature, ma sotto un altro aspetto vedere le cose da lontano ti dà la possibilità di vedere ciò che è essenziale senza perderti negli aspetti superficiali. Anni fa", ricorda il Senatore a vita, "dissi che sul problema libico influiva uno scontro interno alle compagnie petrolifere americane; non che io abbia mai avuto le prove matematiche, ma un sospetto che sia un elemento che influisce ancora sulla situazione è più che legittimo". Sull'Italia, Andreotti scrive che "molte volte è stata accusata, e a torto, di avere un atteggiamento troppo indulgente verso Gheddafi. Certamente Gheddafi ha idee e caratteristiche diverse da noi, ma non possiamo pretendere che tutto il mondo sia allineato ai nostri modelli. Noi abbiamo sempre voluto dare l'impressione ai libici, perché rispondeva al vero, che rispettavamo le loro caratteristiche particolari, anche quando emergeva il loro orgoglio contro l'epoca del colonialismo italiano". "RIVOLTE COLLEGATE? NON SAPREI..." - Nell'editoriale per il mensile di cui è direttore, Giulio Andreotti scrive che "è triste vedere quanta gente muore in Libia senza che si sappia, e senza che forse loro stessi sappiano, per che cosa si stia realmente combattendo". "Purtroppo", osserva, "in Libia influisce anche molto l'esasperazione delle differenze etniche, e non viene tralasciata occasione per mettere in evidenza ciò che divide gli uni dagli altri. Cronologicamente", prosegue, "la rivolta è scoppiata dopo quella in Tunisia e quella in Egitto ma, fatto salvo il principio che spesso tra Paesi vicini può esserci un'attrazione reciproca sia nei processi virtuosi che in quelli negativi, non ho elementi per affermare con certezza che ciò che accade in Libia sia la stessa cosa di ciò che è accaduto in Egitto. Sembra paradossale che veniamo presi alla sprovvista da questi avvenimenti pur vivendo in un mondo dove, molto più che in passato, siamo raggiunti ogni giorno da una mole impressionante di dati e notizie. Forse", conclude, "perché non andiamo mai ad approfondire i fenomeni, ma restiamo all'impressione immediata che una notizia ci suscita. Sommiamo i fatti uno dopo l'altro, ma", questo la critica, "non facciamo mai una comparazione".

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