Montecarlo, Fini respira. Ma la causa civile sarà un'altra storia
Archiviate le accuse di truffa per il leader Fli, l'ombra del Principato pende ancora su Gianfranco / BINCHER
La casa che fu di An a Montecarlo è stata venduta da Gianfranco Fini a un prezzo inferiore a quello di mercato. Ed è stata pure venduta a un falso acquirente, dietro cui si nascondeva Giancarlo Tulliani. Ma siccome Fini stesso era il padrone di An con tutti i poteri assegnatigli dal partito e un partito politico è una associazione non riconosciuta per la quale non valgono le stesse norme di legge che tutti gli altri devono rispettare, l'atto di vendita di quella casa non è passibile del reato penale di truffa. Lo ha deciso ieri il capo dei gip del tribunale di Roma, Carlo Figliolia, archiviando il procedimento penale che su querela di parte era stato aperto prima verso ignoti il 30 aprile scorso e poi dal 27 ottobre verso Fini e l'ex tesoriere di Alleanza Nazionale, Francesco Pontone. Dopo essersi riservato dunque un discreto lasso di tempo per decidere il gip Figliolia ha sostanzialmente fatto sue le tesi della procura di Roma, e con due paginette scarse di motivazioni ha sostenuto che con quella vendita della casa ricevuta in eredità dalla contessa Anna Maria Colleoni il leader di An semmai ha violato disposizioni del codice civile, e non del codice penale. Il gip prima spiega che «l'immobile sito in Montecarlo e prevenuto ereditariamente nella disponibilità di An è stato ceduto ad un prezzo inferiore a quello di mercato senza alcuna induzione in errore dei soggetti danneggiati». Dunque il tribunale di Roma certifica qui che la casa di Montecarlo è stata effettivamente svenduta, ma senza inganno: i 300 mila euro ricavati non sono stati nascosti, ma indicati in bilancio. Però- sostiene Figliolia- «quanto agli artifizi (necessari a configurare la truffa, ndr) non vi è alcuna correlazione causale fra il profilo di falsità che attiene alla reale titolarità dell'acquirente dell'immobile, rispetto alla causa di disposizione dell'atto patrimoniale che avrebbe determinato l'ingiusto profitto, rinvenibile nel minor prezzo». Il linguaggio giuridico qui è un po' confuso, ma è proprio il passaggio delle motivazioni del gip destinato a suscitare più polemica. Proviamo a tradurlo: vero che è stata falsata l'identità dell'acquirente di quella casa attraverso il sistema delle off shore (chi ha comprato era Tulliani), vero pure che la casa è stata svenduta danneggiando le finanze di An. Ma non c'è nessun nesso causa-effetto provato che dimostri che quella casa sia stata venduta a così poco proprio per fare un favore a Tulliani. Non avendo fatto grandi indagini, né i supplementi di indagine richiesti al gip, certo che quella prova di causa-effetto fra svendita e favore al cognato di Fini non è stata trovata. Anche se il semplice buon senso costituiva indizio più che sufficiente a un rinvio a giudizio (solitamente concesso in casi assai meno evidenti). Gli ex An ora dirigenti della Destra di Francesco Storace che hanno promosso la causa secondo Figliolia hanno giuste rivendicazioni, non come persone offese sul piano penale, «ma eventualmente danneggiate dal comportamento degli indagati in conseguenza del valore incongruo attribuito all'immobile alienato, così da determinare loro un danno patrimoniale da rivendicarsi, in ipotesi, alla competente sede civile». Secondo il gip è dunque una causa civile la soluzione del braccio di ferro sulla casa di Montecarlo. Nessun altro profilo penale della vicenda è stato nemmeno preso in considerazione, il che significa che anche Figliolia ha fatto uso di semplice buon senso: ad esempio ha evitato di perseguire l'ipotesi che il truffato della vicenda fosse Fini, ignaro - come aveva sostenuto - della reale identità del compratore della casa, suo cognato. Che potesse avere venduto quella casa a sua insaputa a Giancarlo Tulliani anche per il tribunale di Roma può essere al massimo una buona barzelletta, non un'ipotesi investigativa da prendere in considerazione. Che accadrà ora dunque? C'è sicuramente delusione nelle fila di chi aveva promosso l'azione penale, e ieri l'avvocato Marco D'Andrea commentava «la decisione del gip dimostra che in Italia non c'è certezza del diritto». Qualche sorpresa anche nella scelta di non aprire un fascicolo penale nei confronti di Pontone, dopo che aveva affermato al pm il falso sulla sua visita preventiva all'immobile di Montecarlo quando era ancora nella veste di persona informata dei fatti e non di indagato. Ma con quelle motivazioni di Figliolia l'azione civile verrà presto presentata. E in qualche modo farà da cavia alla nuova normativa. Dal 21 marzo entra in vigore la media conciliazione obbligatoria. Gli avvocati di Storace dunque convocheranno Fini davanti al mediatore (un commercialista, un altro legale) chiedendogli che risarcimento è disposto a dare per la casa svenduta al cognato. Ascolteranno la sua proposta e se non si troverà accordo verrà promossa la causa civile. Sentiremo ancora a lungo parlare della casa di Montecarlo... di Fosca Bincher