Sulla guerra si spacca l'asse Putin-Medvedev
Il Premier: "Chiamata medievale alla crociata". Il suo 'delfino': "Parole inaccettabili". Lega Araba: "Ok a intervento, ma proteggere i civili"
La guerra in Libia scuote la politica internazionale. E in Russia rispolvera alcuni dissapori tra il primo ministro Vladimir Putin e il presidente della Repubblica, nonché "delfino" dello stesso Putin, Dmitrij Medvedev. Il primo ha criticato apertamente la risoluzione con cui il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha autorizzato l'intervento militare nel Paese nordafricano: "Si tratta di una chiamata medievale alla crociata - ha detto Putin - In Libia c'è un regime non democratico, ma questo non giustifica un intervento militare". Il Premier di Mosca ha poi aggiunto che la guerra di Tripoli dimostra, per l'ennesima volta, che "la Russia dovrebbe rinforzare le proprie difese". Il presidente Medvedev ha prontamente definito queste parole "inaccettabili" poiché "in nessuna circostanza è tollerabile l'uso di espressioni, tipo 'crociata' o altro, che in sostanza conducono a uno scontro di civiltà". Medvedev infine poi ribadito che quanto sta accadendo in Libia "deriva dall'orrendo comportamento dei suoi vertici" e "dai crimini da essi perpetrati contro il loro stesso popolo". LEGA ARABA - Molto atteso, e importante in questo contesto, l'opinione della Lega Araba. Il suo segretario, Amir Moussa, ha espresso il proprio sostegno alla risoluzione sulla Libia ma ah ricordato anche che l'obiettivo dell'intervento militare è la protezione dei civili: "Abbiamo chiesto alle Nazioni Unite di imporre una No fly zone sulla Libia, rispettiamo la risoluzione del Consiglio di sicurezza su cui non c'è alcun disaccordo - ha dichiarato Moussa - Continueremo a lavorare per proteggere i civili, ma per questo esortiamo tutti a tenerne conto in qualsiasi azione militare". La posizione della Lega Araba è stata poi evidenziata dall'Osservatore Romano: le parole di Moussa, scrive il quotidiano della Santa Sede, "ci fanno constatare purtroppo che avevamo ragione ad essere preoccupati". IRAN - Sugli sviluppi in Libia ha parlato anche la guida suprema spirituale dell'Iran Ali Khamenei. "Le potenze occidentali vogliono mettere le mani sul petrolio di Tripoli", ha tuonato, condannando dunque l'intervento militare. Dopodiché ha affermato che la Repubblica islamica sostiene "tutte le rivolte nella regione araba" a prescindere dal fatto che a promuoverle siano sciiti o sunniti. PALESTINA - A margine di una visita ufficiale in Ungheria ha parlato anche il presidente palestinese Abu Mazen: "Il popolo e il Consiglio Nazionale Palestinese e il Parlamento dell'Anp sono rattristati per il bagno di sangue in corso in Libia - ha detto - Si tratta di un evento doloroso a causa delle vittime che sta provocando. Auspichiamo che abbia fine il più presto possibile".