Tensione in Yemen, sfilano cortei pro e contro Saleh

domenico d'alessandro

Come ogni venerdì, tensione alle stelle in Yemen. Migliaia di persone torneranno in piazza per una nuova imponente manifestazione che avrà inizio al termine della tradizionale preghiera. Il rischio è che il corteo degli oppositori al regime di Saleh possa incrociare un'altra protesta, quella dei fedelissimi al presidente, indetta nelle ultime ore su appello dello stesso Saleh. I "ribelli" yemeniti si ritroveranno davanti all'università di Sanaa, centro nevralgico delle manifestazioni che dal 21 febbraio chiedono a gran voce le immediate dimissioni di Saleh. I suoi sostenitori, invece, hanno scelto di organizare il proprio corteo in una piazza poco distante dal campus. L'esercito e alcuni attivisti dell'opposizione hanno allestito separati checkpoint vicino all'università per controllare gli ingressi nelle piazze. "LASCIO IL POTERE A PATTO CHE..." - Saleh, parlando davanti ai suoi sostenitori, si è detto pronto "a lasciare il potere a patto che passi in mani sicure senza spargimenti di sangue". In precedenza si era appellato agli ufficiali dell'esercito passati con i manifestanti affinché possano rientrare "subito nei ranghi". Uno dei "traditori" è il potentissimo Ali Mohsen al-Ahmar, il comandante della zona nord ovest e fratellastro di Saleh che lunedì, dopo una carneficina in cui 52 persone furono uccise dai soldati che aprirono il fuoco sulla folla, ha schierato le proprie truppe a sostegno dei manifestanti. Dopo il passaggio dall'altra parte della barricata di Mohsen, decine di soldati lo hanno seguito. Secondo il Times, che cita fonti riservate, Saleh e Mohsen avrebbero raggiunto un accordo per dimettersi contemporaneamente entro sabato, evitando così un bagno di sangue. Saleh cederebbe i poteri a un governo di transizione. APPELLO DA AMNESTY - Saleh aveva definito "inaccettabile" il loro comportamento. E in un lunghissimo discorso alla tv di Stato aveva detto di essere "determinato a preservare l'indipendenza e la sicurezza dello Yemen con tutti i mezzi". Ma di fatto il presidente è sempre più solo, e la pressione degli oppositori e della comunità internazionale è fortissima. Molte ong, compresa Amnesty International, hanno lanciato un appello al governo di Sanaa chiedendo che non venga usata la forza sui manifestanti.