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Trattative Stato e Mafia, Castelli: "Nel 2004 dissi no"

L'ex ministro della Giustizia: "Boss offrivano la resa in cambio dell'abolizione del 41 bis. Rifiutai. Premier all'oscuro"

Giulio Bucchi
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"Tra il 2003 e il 2004 ho detto no alle proposte della mafia. Il premier non sapeva nulla, ma ho deciso consultandomi con alcuni importanti magistrati". La rivelazione choc è dell'attuale viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, che all'epoca dei fatti era ministro della Giustizia del secondo governo Berlusconi. Un'altro raggio di luce sulle trattative sotterranee Stato-mafia sull'abolizione del regime di carcere duro previsto dal 41 bis, che hanno caratterizzato soprattutto gli anni Novanta. "Fu una decisione che presi io, in piena coscienza - ha risposto ai giornalisti Castelli - ma non in assoluta solitudine: fu presa infatti in accordo con importantissimi magistrati dell'epoca, a conferma del fatto - ha scherzato il viceministro - che io con la magistratura, al contrario di quanto si dica, ho collaborato eccome". BOSS DI PRIMA GRANDEZZA - Le avances fatte da "boss di prima grandezza" riguardavano il carcere duro: "Il 41bis, che io ho stabilizzato - ricorda Castelli - è temuto dai mafiosi lo temono. Ci giunse la proposta di una pubblica scelta di dissociazione. Si sarebbero arresi allo Stato a patto di avere una contropartita". Da una parte, dunque, la resa dei boss. Dall'altra la garanzia di condizioni morbide e privilegiate. Castelli ha rifiutato la profferta. "Fu una decisione presa in piena coscienza in accodo con importantissimi magistrati. Io ma non solo io abbiamo ritenuto che con la mafia non si può intavolare alcuna trattativa. Misi quindi sul piatto della bilancia questa offerta e il fatto che si dovesse trattare e decisi per il no. Non volevo assolutamente che si potesse pensare che lo Stato avesse intavolato trattativa".

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