Romeni massacrano un 53enne: Ventimiglia si risveglia razzista
"Da sempre viviamo con stranieri, ma questo è troppo": nelle parole del sindaco la rabbia del paese / DELL'ORTO
"Vede? Guardi bene laggiù. Noi le case mica le chiudevamo fino a sabato. E nemmeno le auto. Siamo in 320 a Torri, ci conosciamo tutti e gli stranieri non ci fanno paura, siamo abituati noi della frontiera. Qui si vive bene, mi creda. Anzi, si viveva bene. Poi, due giorni fa…". Il dito sporco di cemento trema e indica un palo, avvolto da un mazzo di fiori. Franco ha 50 anni e la barba sfatta. Sospira e non lo sposta più, quel dito, finché non lo segui con lo sguardo. Proprio lì, nella notte tra sabato e domenica, è morto Walter Allavena, idraulico di 53 anni, ammazzato (l'autopsia stabilirà le cause della morte) a calci e pugni - per aver difeso il figlio Claudio - da una banda di ragazzi romeni ubriachi. "Romeni", "Romeni", "Romeni", ripetono a turno, come in coro, gli altri pensionati seduti sul muretto. Vorrebbero urlare, ma non urlano. Per ora sussurrano educatamente. "Siamo vicini al confine, abbiamo sempre convissuto con gli stranieri. Romeni. Albanesi. Marocchini. A Ventimiglia siamo gente aperta e accogliente. Ma ora basta, se i risultati sono questi iniziamo a chiudere le case". Già, la Ventimiglia città aperta ed europea si sta per stufare. Perché un conto è aver ospitato 4.500 kosovari a fine anni '90, un conto è essere accoglienti e tapparsi gli occhi (e il naso) di fronte ai 7.000 tunisini clandestini che hanno invaso la stazione negli ultimi due mesi, un conto è convivere con comunità di 400 romeni, 160 ecuadoregni, 110 cinesi, 137 marocchini, 124 albanesi. Un altro conto, però, è vedere la propria vita minacciata. "L'omicidio di Walter Allavena non ha nulla a che fare con i clandestini e con il rapporto che la città ha con chi viene da fuori - chiarisce Gaetano Scullino, sindaco di Ventimiglia - Da noi vivono 2.100 stranieri che provengono da tutto il mondo, pensi che c'è un cittadino della Nuova Zelanda e addirittura uno del Principato di Monaco. Certo è che questa tragedia non ci voleva e la gente ha ragione a chiudersi, di fronte a fatti tanto gravi. I romeni sono integrati bene con la città, le donne sono badanti e gli uomini lavorano nel settore agricolo ed edilizio. Il problema è quando bevono troppo...". Come il sabato. Come ogni sabato sera. Come hanno fatto Mereut Marius Ciprian di 31 anni, Mihut Andrei Bogdani di 21, Mihai Aredelean di 18 e Mereut Aurelian Sebastian di 34 (tutti arrestati e accusati di omicidio preterintenzionale, ma potrebbero esserci altri fermi) tre giorni fa. Qualche bottiglia di birra per cena, poi vino, poi ancora birra. Finché, ormai sbronzi, hanno deciso di arrampicarsi in auto - per una strada buia a una corsia - fino a Torri, frazione di Ventimiglia, per andare a “L'osteria del nonno”, unico locale del paesino in cui si mangia, si balla e si canta con il Karaoke. Pochi minuti per ambientarsi, la scusa di accarezzare un cane, qualche parolaccia (una settimana prima avevano già avuto un diverbio coi ragazzi del paese) e le minacce. Poi un pugno che ha colpito un ragazzino. Quindi la rissa nella quale è stato coinvolto anche Claudio Allavena, figlio della vittima. Il padre, sentendo urlare, s'è affacciato alla finestra, è sceso sotto casa e ha cercato di separare i ragazzi. Ma è stato aggredito dai romeni che lo hanno picchiato con violenza. Finché, barcollando, ha fatto due passi ed è caduto a terra. Morto. Proprio di fronte all'entrata di casa, dove ora c'è un mazzo di fiori avvolto a un palo. E un dito sporco di cemento che lo indica. "Si viveva bene qui fino a sabato. Da quel momento è cambiato tutto. E cambierà tutto". di Alessandro Dell'Orto