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Libia, Bossi taglia corto: "Le bombe non mi van bene"

Per Berlusconi e Napolitano gli attacchi sono un "logico sviluppo". Senatùr fuori dal coro: "Facciano gli americani. Poi ci tocca ricostruire"

Giulio Bucchi
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Bombe sì, ma mai contro obiettivi civili né contro obiettivi militari dentro le città". Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, in un'intervista a Repubblica aveva spiegato così l'annuncio dato lunedì sera dal premier Silvio Berlusconi secondo cui l'Italia parteciperà attivamente ai bombardamenti sulla Libia. Un ulteriore impegno definito martedì dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come "naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento". Parole, quelle del Capo dello Stato, assolutamente in linea con quelle scelte poco dopo dal premier, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa con Nicolas Sarkozy a Villa Madama. Ma se il premier e Napolitano, compatti, sostengono la necessità dell'intervento in Libia, è la Lega Nord a non nascondere il malumore per la decisione dell'esecutivo. Per primo il ministro Roberto Calderoli, che aveva tagliato corto: "Bombardare? Non se ne parla". Poi, nella serata di martedì, il Senatùr, Umberto Bossi, ha ribadito: "Non sono d'accordo sui bombardamenti in Libia. Le guerre - ha aggiunto il leader della Lega - non si fanno e comunque non si annunciano così. Berlusconi dirà pure che Gheddafi ci riempie di clandestini, ma io dico che non sono d'accordo sui bombardamenti. Gli americani, se vogliono bombardare, facciano loro. E dobbiamo pensare - ha concluso Bossi - oltretutto, che se andiamo a bombardare poi ci toccherebbe pure ricostruire...". BERLUSCONI: "CON BOSSI TUTTO A POSTO" - Nella conferenza stampa conclusiva del vertice bilaterale tra Berlusconi e Nicolas Sarkozy, il presidente del Consiglio era tornato a commentare la decisione di prendere attivamente parte agli attacchi in Libia. "C'è assoluto bisongo del nostro intervento - aveva spiegato il Cavaliere, che ha poi ribadito -: Non si tratta di bombardamenti, ma di interventi di estrema precisione su singoli obiettivi militari. Ci è stato insistentemente chiesto dai nostri alleati e dagli Usa di far intervenire nostri velivoli su obiettivi militari là dove si escludono con certezza danni alla popolazione civile". Per Berlusconi, la partecipazione agli attacchi "è il seguito logico della decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite". Nel pomeriggio, nel corso di una passeggiata nel centro di Roma, incalzato dai giornalisti il premier aveva risposto: "Con Bossi? E' tutto a posto". Poche ore dopo, però, il nuovo affondo del leader leghista, che proprio non digerisce l'intervento militare. LA RUSSA IN DIFESA - La 'benedizione' di Napolitano all'attacco aveva seguito le precisazioni di La Russa. "Dovranno cambiare i nostri assetti - aveva detto il ministro a Repubblica -, manderemo sempre dei Tornado ma di altro tipo, adatti a colpire bersagli al suolo con dei missili di precisione. Ma non attaccheremo mai, ripeto mai, obiettivi militari dentro le città". Secondo il ministro, "eticamente non c'è nulla di diverso" rispetto alle azioni che hanno visto fin qui impegnati gli aerei italiani. "Solo che prima scortavamo e proteggevamo gli equipaggi alleati che andavano a colpire i nemici, facendo saltare i sistemi radar libici. Adesso colpiremo anche noi". La condizione posta alla Nato dal governo italiano è quella di non partecipare "ad azioni contro bersagli situati all'interno di zone abitate. Non ci saranno missili italiani sulle città, ma solo su precisi ed individuati obiettivi militari". NESSUN VOTO - I selected targets di cui parla La Russa non vanno comunque giù alla Lega. Lunedì il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli è stato duro: "Non so cosa significhi ulteriore flessibilità ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l'avranno mai". Un problema che, dal punto di vista parlamentare, non si pone. Dalle pagine del Mattino, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiarito: "Abbiamo già avuto un mandato pieno dal parlamento per l'attuazione della risoluzione Onu 1973. C'è evidentemente da parte mia una chiara disponibilità a riferire alle Camere quando sarà richiesto". Sì al confronto, dunque, ma niente voto in Aula. Per Frattini i bombardamenti italiani sono "un'azione resa inevitabile dal ripetersi dei massacri a Misurata e in altre città libiche" e maturata, rivela lo stesso Frattini alla Stampa, "nel colloquio di quasi due ore, la settimana scorsa, col presidente del Consiglio di transizione di Bengasi". Per precisare la posizione del governo italiano sulla Libia, i ministri di Esteri (Frattini) e Difesa (La Russa), riferiranno alle omologhe Commissioni di Camera e Senato, in seduta congiunta, mercoledì 27 aprile alle 14. OPPOSIZIONI ALL'ATTACCO - La normale dialettica tra Pdl e Lega, secondo le opposizioni, è invece la dimostrazione che la maggioranza non esiste più, così dopo l'affondo di Pd e Futuro e Libertà, si fa sentire anche l'Idv che sottolinea lo "sfaldamento dell'asse Pdl-Lega", e invita il premier a riferire in Parlamento sul caso Libia. "Berlusconi venga in Parlamento e certifichi che non esiste più una maggioranza non solo in politica estera e apra la crisi politica - ha tuonato Leoluca Orlando, portavoce dei dipietristi -. Non si può bombardare la Libia senza un passaggio parlamentare, come afferma il fattorino Frattini, perché sarebbe un golpe contro la stessa Costituzione italiana", conclude il portavoce.

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