Eco redime gli anti-Cav: quante Kant-onate per l'ornito-rinco
Umberto si sveglia tardi e si perde il 'golpe' di Asor Rosa. Rimedierà "educando gli italiani di destra" / BORGONOVO
Umberto Eco ha un problema: va a letto tardi, molto tardi. Lo ha confessato a una folla berciante qualche mese fa, durante una sobria manifestazione di Libertà e Giustizia chiamata “Silvio dimettiti”: egli tira fino a notte fonda per leggere i testi del filosofo Kant. Tale straripante passione kantiana ha come conseguenze la sua predisposizione alle kantonate e la necessità di alzarsi a mattina inoltrata per compensare le ore di sonno perdute. Ed ecco il guaio. Qualche giorno fa, quando un gruppo di attempati signori amici di Eco – Giorgio Bocca, Alberto Asor Rosa, Eugenio Scalfari, Furio Colombo – ha deciso di organizzare un golpe antiberlusconiano e si è messo in marcia armato fino ai denti per conquistare la reggia di Arcore e spodestare il tiranno, lo sfortunato Umberto era ancora sotto le coperte. Bocca, per non perdere le buone antiche abitudini di ex fascista ed ex partigiano, ha deciso che la compagnia (riempite le fiaschette di vino) sarebbe dovuta partire all'alba. Cioè più o meno nello stesso momento in cui il professor Eco riponeva sul comodino il volume di Kant e si metteva a ronfare. Quando le arzille vecchiette partigiane gli hanno suonato il campanello, lui non ha sentito e ha perso l'occasione di assaltare il Gran Nemico di Arcore. Un po' indispettito perché i compari erano andati avanti senza di lui, ha cercato di rimediare ieri concedendo un'intervista al manifesto in occasione dei quarant'anni di vita del giornale. Il quale giornale, per inciso, dichiarandosi in ogni pagina comunista ed essendo il comunismo morto da oltre vent'anni, risulta l'unico quotidiano al mondo composto interamente da necrologi. Nella conversazione con Valentino Parlato, Eco ha ribadito il suo odio antropologico per la specie berlusconiana, esplicitato di recente con esplosione di fuochi artificiali. Durante una conferenza in Israele ebbe la raffinata trovata di paragonare il premier a Adolf Hitler, poiché entrambi erano saliti al potere tramite libere elezioni. Quando il virgolettato uscì sui giornali, si affrettò a precisare che il suo paragone era del tutto intellettuale. Sarà anche stato intellettuale, ciò non toglie che fosse idiota. Poco tempo dopo, nel corso della manifestazione di Libertà e Giustizia di cui sopra, Eco spiegò che il Cavaliere avrebbe dovuto essere interdetto a governare in quanto “schizofrenico”. Il professore non disprezza soltanto il Biscione, ma anche gli italiani che votano centrodestra, cioè quella «maggioranza naturalmente berlusconiana che non vuole pagare le tasse, ha voglia di andare a 150 chilometri all'ora sulle autostrade, vuole evitare carabinieri e giudici», così l'ha descritta al manifesto. Secondo lui, questi mentecatti andrebbero internati in un apposito campo: «Per cambiarli ci vorrebbe un'azione più profonda, di persuasione ed educazione». Va fatto notare che il passo tra educazione e rieducazione è breve e di solito è un passo dell'oca, ma il professore è convinto che un po' di trattamento in stile cambogiano gioverebbe ai sostenitori di Silvio: è il cosiddetto Metodo Eco. Umberto disprezza e sdegna, ma è schiacciato da una contraddizione enorme, che lo macera ancor più dell'insonnia notturna. Questa nazione di destra gli fa schifo, anni addietro annunciò che se il Cavaliere avesse vinto le elezioni lui sarebbe fuggito all'estero, ma evidentemente si è svegliato troppo tardi e non c'erano più voli in partenza disponibili, poiché è sempre rimasto qui. Le poche volte in cui va in Paesi stranieri ritorna puntualmente. O, più probabilmente, ce lo rispediscono indietro, visto come si comporta. Bastona gli orrendi berlusconiani, ma la nota rivista progressista francese Marianne ha riportato questo episodio: Eco e il filosofo guerrafondaio Bernard-Henri Lévy (quello che vuole distruggere Gheddafi) escono da un ristorante e si avviano al posteggio dei taxi, dove c'è un lunga fila. Loro, così amanti della democrazia e della morale, se ne fregano: passando davanti a tutti e s'infilano in una macchina, mentre i cittadini comuni rimangono allibiti. Che Eco volesse andare sull'autostrada in taxi a 150 all'ora? Egli disprezza e sdegna, ma la sua condanna è quella di vedersi ridimensionate le ambizioni. Odia la cultura superficiale berlusconiana che ottunde le menti tramite la televisione e reagisce atteggiandosi a intellettualone: quando parla sembra il supplemento culturale di se stesso. Epperò il successo glielo ha regalato un thriller medievale stile Dan Brown, Il nome della rosa. Povero professor Eco, ci crediamo che poi le spara grosse e vuole fuoco e fiamme sull'Italia: odia la tv e tutti lo conoscono per aver firmato una fenomenologia di Mike Bongiorno; ha scritto Il cimitero di Praga e tutti pensavano che fosse un ricordo autobiografico di quando tifava per i carrarmati sovietici in Cecoslovacchia; ha pubblicato il saggio Kant e l'ornitorinco e tutti, leggendo quel che sostiene, credono che durante le lunghe notti bianche più che imparare da Kant apprenda dall'ornitorinco. Il quale ornitorinco, a forza di stare sveglio a parlare con Eco, si è anche un po' ornitorincoglionito. di Francesco Borgonovo