Mentana, stop a De Benedetti: "Con lui siamo meno liberi"

Andrea Tempestini

La libertà è, come sempre, una questione di visuale. In fondo c’è sempre qualcuno più a sinistra di te. «La7 cambierebbe sia con Rcs sia con De Benedetti, soprattutto con De Benedetti...». Quando ieri Enrico Mentana, allegramente intervistato da Oscar Giannino su Radio 24, è stato richiesto del suddetto commento sul possibile ingresso di Carlo De Benedetti a La7, be’, è come se sul sorriso del boss Telecom Franco Bernabè  si fosse allungata l’ombra dell’apocalisse. Dixit Mentana a Giannino: «La forza di La7 è quella di essere un prodotto diverso rispetto ai prodotti giornalistici che si trovano in edicola, ed è ovvio che può essere molto garibaldina e all’avanguardia e perfino di opposizione perché lavoriamo per una rete che non ha un segno vistoso nella proprietà. Ma se la rete dovesse avere un segno vistoso nella sua proprietà, come è De Benedetti, si possono inquadrare le vere mire dell’editore...». Tradotto: con l’Ingegnere saremmo forse più ricchi (forse), ma senz’altro meno liberi. Un concetto quasi berlusconiano: De Benedetti come “segno vistoso” della pressione padronale, come lettera scarlatta in grado di macchiar la virtù d’una piccola comunità televisiva, La7. Magari Chicco Mentana, uomo-simbolo della rinascita industriale di quella che il suo stesso ruvido amministratore delegato Gianni Stella chiamava “una tv da fighetti”, ha ragione. Magari. Ma, insomma, fa un po’ specie osservare il contrasto d’opinioni che ammanta il telemercato estivo. Metteteci anche la possibile, immaginifica transumanza verso la  tv di Telecom Italia Media di Fazio, Gabanelli, Floris, Santoro «uno o due di loro arriveranno a La7» (affermava Stella). Aggiungete la polemica di Maurizio Abet portavoce di Pirelli nei confronti di Gad Lerner che aveva dichiarato a Leggo: «con la nuova gestione Telecom e senza connivenza con il potere di Berlusconi, stiamo realizzando quel business plan pensato all'inizio (anno 2000, ndr) e smantellato da Tronchetti Provera per convenienze politiche...»; con Abet che si domanda «se questo Lerner sia la stesso che affermava: “sempre nella mia esperienza, devo riconoscere a posteriori che Tronchetti Provera si è comportato da editore liberale».  CHE C'ENTRA RCS? Infine, guarnite il tutto con l’editoriale del Giornale di Nicola Porro, “La vera storia delle tv anti Cav”. Ossia del salgariano scenario finanziario dove si disvela che non sarà L’Espresso a papparsi La7, ma semmai il Gruppo Rizzoli (due banali domande a Porro: a) dove trova Rcs i soldi con 1miliardo di debiti? b) se “gli azionisti di Telecom e di La7 sono più o meno gli stessi di Rcs” cioè Intesa, Generali e Mediobanca, che senso avrebbe l’operazione?). Insomma. Prendete tutto questo e avrete una La7 spy story di pregevole lettura. Tra l’altro la sola notizia dell’arrivo di Santoro, quotazioni alle mano, se si calcola all’accresciuto valore in Borsa ( +18%), in una sola seduta per Telecom è stato pari a 29 milioni di euro. Mica bruscolini. Ma l’interpretazione più saggia di questa narrazione l’ha data Carlo Freccero sul Fatto. Berlusconi -ragiona il direttore di Rai4- così ha fatto harakiri: invocando l’addio di Santoro a Raidue, l’ha spinto verso una rete che può potenzialmente arrivare, ora, al 10% , formando virtualmente il leggendario Terzo Polo. Aggiungeremmo di più. In due anni, con la squadra potenziata, La7 potrebbe definitivamente ripianare i debiti ed essere consegnata, pulita pulita, al mercato. Cioè a De Benedetti, per tornare a bomba: il quale l’acquisterebbe -beffa del destino- coi soldi dei processi berlusconiani. Così frullano le voci a TI Media preda, in queste ore, degli scossoni speculativi. Non che in tema di rumors alla Rai siano messi meglio. Ora che Lorenza Lei ha gentilmente accompagnato alla porta Santoro e i suoi 2,3 milioni di liquidazione, i corridoi di viale Mazzini s’avvampano. Si parla di un direttore terzista al Tg2 nel solco scavato da Orfeo (Mario Calabresi?), della discesa di Corradino Mineo dal satellite. Soprattutto dell’arruolamento di Bianca Berlinguer nel prime time del giovedì, sostituta interna (in)naturale di Santoro. BIANCA PER IL ROSSO Una soluzione, questa, geniale, che accontenterebbe la sinistra, non disdegnerebbe la destra, e renderebbe soddisfatto il mitico partito Rai da sempre propenso alla “soluzione interna”. Ma la vere notizie sono altre: nel vento del logos sbuffante su Santoro pochi hanno notato come la direttora  Lei abbia bloccato ogni spostamento della Gabanelli (ritenuta “servizio pubblico”) e che, alla richiesta della nomina dei nuovi direttori, abbia laconicamente risposto: «deciderò i candidati dal curriculum...». Quasi assurdo nella Rai incrostata dalla politica, ma  sulla via del recupero d’una propria centralità professionale... di Francesco Specchia