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Pd e Idv di nuovo sulla terra: opposizione divisa su tutto

Sinistra divergente su agenda e strategie. Bersani chiede le dimissioni di Berlusconi, Di Pietro no: "Maggioranza dei trenta denari, lasciamola al suo destino". Legge elettorale: il primo vuole l'accordo col Pdl, Tonino è scettico

Giulio Bucchi
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Fatta l'opposizione, ora bisogna fare la coalizione. E qui iniziano i disastri. Perché incassati i successi alle amministrative e intascati pure i meriti per la vittoria dei 4 sì al referendum, Pd e Idv sono costretti a sedersi ad un tavolo, guardarsi di nuovo negli occhi e parlarsi. E lì, dopo settimane di slogan e manifestazioni in piazza, quando i toni diventano più pacati, capiscono di non parlare la stessa lingua. Sono due i temi emblematici: l'atteggiamento da tenere col governo Berlusconi e la riforma elettorale. "Dimissioni!". Anzi no - Nel primo caso, Pier Luigi Bersani si è fatto prendere dall'euforia referendaria e ha subito gridato, a urne calde, "Dimissioni!". Antonio Di Pietro lo ha gelato: "Non oggi, non adesso". Tonino, l'indomani, spiega perché: "Con questa maggioranza dei trenta denari una mozione di sfiducia finirebbe per rilegittimare un governo delegittimato che va lasciato al proprio destino". Al di là delle insinuazioni sul centrodestra ("Una cosa è la maggioranza reale, altro è la maggioranza comprata in Parlamento") l'ex magistrato ha ben in mente, più del segretario democratico, cosa significherebbe far cadere un governo senza avere alternative. Perché, ad oggi, in parlamento avere un'altra maggioranza appare difficile. E fuori dall'Aula l'ipotesi è ancora più astrusa. Anche per questo, sono partiti in giornata i "tavoli tematici" tra Italia dei Valori e Partito democratico per "costruire un programma per l'alternativa". Alla buon'ora: i due partiti sono all'opposizione da tre anni e ancora non si vedono punti di contatto significativi né sulla strategia né sull'agenda. L'Idv sarà rappresentata da Maurizio Zipponi per il lavoro, Luigi Li Gotti per la Giustizia, Massimo Donadi per le riforme istituzionali. "Noi ci proponiamo come il motore dell'alternativa all'insegna di una politica moderata", ha spiegato Di Pietro. Ufficialmente, col Pd è tornata la pace ("Prendo atto del chiarimento di Bersani" sulla questione dimissioni, ha spiegato Di Pietro) ma c'è un altro problema. Quello della riforma elettorale. Balletto sulla riforma - In questo caso, le direzioni di Pd e Idv sono divergenti. Lunedì il senatore democratico Nicola La Torre ha ribadito: "Le legge elettorali si fanno in Parlamento, non si fanno i governi per fare le leggi elettorali", chiudendo dunque ad un'eventuale sfiducia pilotata a Berlusconi per una grande coalizione. Più facile, piuttosto, trovare un accordo con il Pdl e tagliare fuori le estreme. Ma Di Pietro è scettico: "Fino a quando questo governo Berlusconi sarà in carica non credo che si potrà fare una riforma elettorale". Per Tonino, "il centrodestra ha proposto la riforma elettorale più come scusa per non andare a votare che per vera volontà di cambiamento". "Temo - ha concluso che sia solo una furbata per giustificare il solito 'tirare a campare' travestito questa volta da governo tecnico per evitare le urne".

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