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A sinistra si indignano? Anche loro sono pieni di 'Bisi'

Vizietti trasversali: i lobbisti rossi esistono eccome. Le brutte abitudini riguardano tutta la nostra politica / PANSA

Giulio Bucchi
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Molte cose sono incerte nell'indagine giudiziaria sulla cosiddetta P4. Prima di tutto è dubbia l'esistenza di un'associazione segreta che due magistrati della Procura di Napoli hanno ravvisato nei traffici di un lobbista faccendiere, Luigi Bisignani. Senza aver ancora provato nulla, i pubblici ministeri hanno diffuso migliaia di pagine con i testi delle telefonate fra “Bisi” e le persone che avevano rapporti con lui. La conseguenza è stata immediata: sui quotidiani sono apparse, e seguitano ad apparire, paginate e paginate di intercettazioni. Capaci di mettere in mutande un blocco partitico: quello di centro-destra.  Non tutti i politici di maggioranza si sono trovati esposti al pubblico ludibrio. La correttezza ci impone di osservare che quasi nessuno dei vertici del Pdl e della Lega aveva rapporti con il faccendiere caduto nella rete della Procura napoletana. È un dettaglio importante che evita un disdoro ancora più grande, per non dire totale. Mi sembra giusto ricordarlo, per evitare che il fango tocchi figure estranee a un girotondo grottesco.  Perché le conversazioni fra “Bisi” e tante eccellenze riguardano il blocco di maggioranza? Per un motivo elementare: Bisignani appartiene a quel mondo, lavorava con quella fazione della casta, faceva affari   insieme a lei o in settori vicini a lei. Ma a questo punto è inevitabile una prima domanda: esistono anche i “Bisi” di sinistra o di una delle tante sinistre?  La mia esperienza di cronista della politica italiana mi dice di sì. Certi fenomeni, e i mostriciattoli che ne derivano, sono speculari nella casta dei partiti. Quello che conviene a un blocco conviene anche all'altro. I lobbisti, i faccendieri, i risolutori di questioni radicate nel lato buio della partitocrazia si annidano dappertutto. È accaduto nella Prima Repubblica, accade nella Seconda e di certo accadrà nella Terza, ormai alle porte.   Le sinistre non possono cavarsela vantando una superiorità morale nei confronti delle destre. È una favola senza fondamento, un alibi già svanito all'epoca  di Tangentopoli. Chi non si accontenta della cronaca, può leggere un libro importante dedicato alla sinistra, scritto dal sociologo Luca Ricolfi: “Perchè siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori”, pubblicato da Longanesi nel 2005. Dopo quel libro, nessuno a sinistra è più in grado di vantare un primato etico, basato sulla correttezza, sulla pulizia, sui comportamenti limpidi. Cadrebbe nel ridicolo. A parte, naturalmente, singoli casi personali.   Di qui deriva una seconda domanda: che cosa accadrebbe se un Bisignani di sinistra venisse intercettato da qualche pool di pubblici ministeri schierati a destra? E una volta arrestato cominciasse a parlare nella speranza di uscire dal carcere? E nel raccontare le proprie imprese di faccendiere rosso snocciolasse nomi su nomi, affari dopo affari, confidenze ricevute, consigli e favori offerti a Tizio e a Caio? Quel che potrebbe avvenire ce lo suggerisce ancora una volta la cronaca di Tangentopoli. Soprattutto nella prima fase, caddero nella rete dei magistrati di Mani pulite una serie di personaggi legati ai finanziamenti occulti del vecchio Partito comunista italiano. Soltanto alcuni di loro vuotarono il sacco, altri rimasero a bocca chiusa. Come gli imponeva la fedeltà al partito e la tradizione rivoluzionaria che ancora resisteva alle Botteghe Oscure e nei suoi dintorni. Però quel poco che uscì dalle loro labbra, bastò per eccitare la rabbia del vertice comunista che aveva di certo cambiato insegna, da Pci a Pds, ma restava immutato nelle figure dei dirigenti. Costoro dissero le peggio cose sul conto dei magistrati che tentavano di far luce sul groviglio immane della corruzione politica. Tornando alla seconda domanda, non voglio neppure immaginare la catastrofe che produrrebbero le confessioni di qualche “Bisi” di sinistra. L'intero sistema del partitismo odierno ne verrebbe sconvolto. I sospetti più pesanti a carico dell'intera casta troverebbero una conferma totale. A cominciare dal vizio dilagante che anche i cittadini senza potere conoscono già. Dal momento che ne constatano l'esistenza ogni volta che entrano in contatto con un ras politico.  Per indicare quale sia questo vizio, c'è una vecchia parola, molto usata dalle nostre madri, ricche o povere che fossero: il decoro. Che cos'è il decoro? Ci sono tanti modi per definirlo. È il sentimento della propria dignità, la coscienza di ciò che si addice o è dovuto al proprio ruolo nella società, il rispetto della funzione pubblica che si ricopre e dei doveri che ne derivano, da onorare e non dimenticare mai. Aver caro tutto questo è l'unico modo per meritarsi la stima del prossimo, degli altri che ti osservano e, nel caso dei politici, di coloro che ti hanno persino votato, regalandoti un seggio in Parlamento. Il Bisignani intercettato e gli alluvionali sproloqui tra lui e i suoi clienti dimostrano che per molte eccellenze politiche il senso del decoro non esiste. Da vecchio ragazzo abituato a tenere in conto i consigli di mia madre, sono rimasto sbalordito nel constatare la mancanza di decoro soprattutto in qualche donna con il rango di ministro della Repubblica. Le ho sentite sparlare di chi le aveva elevate sull'altare laico del Parlamento e del governo. Senza un minimo di riguardo e di pudore, neppure nei confronti di se stesse.  E ho pensato che in privato, nei colloqui personali fra amici, quando non c' è di mezzo l'arnese pericoloso del telefono, i giudizi di una parte della casta siano anche più sferzanti. Per di più sempre diretti non contro gli avversari, bensì a danno di chi ti sta seduto a fianco, nel tuo stesso banco. Sapete che cosa mi ha ricordato questo fiume di sconcezze? La sconcezza surreale uscita dalle labbra di una protetta di Silvio Berlusconi. Una signorina assente nel vortice telefonico messo in moto dal “Bisi”, ma resa famosa dall'inchiesta sui festini di Arcore. Parlo di Nicole Minetti, l'igienista dentale cara al Cavaliere e da lui insediata nel Consiglio regionale lombardo. Nel sentirsi trascurata da Berlusconi, spiegò con rabbia a un'amica che Silvio aveva “il culo flaccido”.  Per un settantenne, non avere più un lato B giovanile e sodo non è un reato. Ma rinfacciargli di mostrare gli acciacchi dell'età è il massimo della mancanza di decoro. Tuttavia le due parole eruttate dalla bella Nicole riassumono bene lo spirito del tempo che stiamo vivendo. È tutta la politica italiana (salvo eccezioni) a presentare un culo flaccido e a rinfacciarselo a vicenda. Stiamo arrivando all'ora X, quella dello sfacelo completo. E ci arriviamo in un clima che ricorda certi vecchi film comici di serie C. Con le Ubalde tutte calde, Bombolo e Alvaro Vitali. Due giorni fa, un politico saggio come Giulio Tremonti ci ha ricordato che la crisi della Grecia non presenta soltanto un rischio finanziario: esiste anche un possibile rischio politico. Ho subito pensato alla Grecia del 1967, quando il potere venne conquistato dai colonnelli, con la nascita di una dittatura feroce che durò la bellezza di sette anni, fino al 1974.  Può accadere così anche in casa nostra? Penso di no. Il mondo è cambiato ed è mutata anche l'Italia. Il nostro declino mi sembra senza rimedio. Ma da noi la democrazia finirà in burletta. Sepolta da un diluvio di intercettazioni telefoniche, con due soli vincitori: i tanti Bisignani di turno e i pubblici ministeri che li accusano di associazione segreta.  L'unica cosa che non resterà segreta sarà lo stato flaccido dei lati B di tanti potenti fasulli. Sempre a mollo nel rosso dell'uovo, ma senza più la forza di decidere alcunché. Vincerà qualche signore di mano dura. Speriamo soltanto che non debba mettere ordine in un cumulo di rovine. di Giampaolo Pansa

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