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Traffico d'immigrati a Roma. Permessi falsi: 18 in manette

Estorcevano 3mila euro a ogni persona. Falisficavano i documenti e certificavano rapporti di lavoro che però non esistevano

Costanza Signorelli
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Per due anni hanno estorto 3mila euro a ciascuno del centinaio di immigrati, di origine filippina e cinese, arrivati a Roma grazie a documenti falsificati e rapporti di lavoro inesistenti per strappare la sanatoria per colf e bandanti o il rinnovo dei permessi di soggiorno. In totale, a Roma 15 persone sono finite in manette all'alba di mercoledì mattina. Otto di loro sono in carcere, sette ai domiciliari; a questi si aggiungono altre quattro persone con obbligo di firma e 140 indagati a piede libero. Per tutti l'accusa è quella di associazione a delinquere finalizzata all'ingresso di clandestini sul territorio nazionale. I guadagni illeciti - Il meccanismo era semplice. Degli anziani attestavano la falsa accoglienza o il finto rapporto di lavoro, e nelle loro tasche finivano mille euro. Altri 2mila euro venivano invece trattenuti dall'organizzazione, che faceva capo a una regolare agenzia che forniva servizi agli immigrati. L'agenzia era intestata  intestata a Antonio Fiordeliza Lionello, filippina, ai vertici di un sodalizio criminale insieme alle sorelle Manuela e Antonella Marinuzzi. Le indagini e la cattura - Le indagini sono state condotte dal commissariato San Paolo, diretto da Luigi De Angelis, e coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Barbara Zuin, con la collaborazione del dirigente dell'ufficio immigrazione della Questura della capitale, Maurizio Improta. "Le indagini - ha spiegato De Angelis - sono partite dalle segnalazioni della Asl Roma D che ci indicavano insolite e frequenti richieste di certificati di idoneità abitativa. Sono scattati i pedinamenti delle persone segnalate, attraverso le quali siamo risaliti all'organizzazione". L'organizzazione criminale - De Angelis ha ricostruito la modalità d'azione dell'organizzazione e ha spiegato che alcuni membri della rete si occupavano del "reclutamento" delle persone anziane e poi di agganciare, nei pressi della Prefettura, gli immigrati cui garantivano l'arrivo dei loro parenti in Italia. L'agenzia emetteva poi fatture di comodo (da 150 a 180 euro, invece dei 3mila richiesti) per la gestione di regolari pratiche burocratiche. Sono un centinaio gli immigrati arrivati a Roma con questo sistema, "ma ora inizia il lavoro sugli oltre 8mila documenti sequestrati", ha precisato ancora il dirigente De Angelis. Al telefono gli arrestati parlavano in un codice cifrato, poi tradotto dagli inquirenti. Per fare un esempio, il termine "ova" significava 100 euro; "andare a prendere un caffè", invece, equivaleva all'appuntamente per concordare le pratiche.

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