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Versione di Moggi. Facchetti? Una persona che ha sbagliato

Era un uomo a modo, che ha commesso degli errori. Chi lo usa come paravento non onora sua memoria. Lo coinvolgo per difendermi

Andrea Tempestini
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Ora che è stato scoperchiato il vaso di Pandora, a Moratti le scarpe vanno talmente strette che se l'è presa con la «Gazzetta». Un atto d'ira inconsulto? Una perdita di autocontrollo? Neanche per idea. Il patron dell'Inter è un furbo di tre cotte, tutte le sue mosse post-Palazzi sono dettate da un piano preciso, confondere le idee, nascondersi dietro un paravento, e non importa se così facendo da paravento finisce con il trattare anche Facchetti. Non state a credere ai suoi lamenti: come si permettono di vilipendere la memoria di Giacinto, come si permettono di essere così stupidi (proprio così, e Abete non ci trova nulla di deferibile). Il piano è preciso, indirizzato non tanto ai “nemici”, come lui li definisce, ma di più ai tifosi nerazzurri. Quale miglior mezzo ci poteva essere del soddisfare l'agitazione del proprio popolo, richiamando l'offesa alla memoria di Facchetti, anziché provare a rispondere direttamente delle accuse motivate da Palazzi? Un modo per prendere due piccioni con una fava. Difendere l'icona Giacinto e deviare il discorso dalle responsabilità nette che sono emerse, alcune delle quali di diretta pertinenza del patron.  Non ho difficoltà a dire che non mi pare questo il modo di onorare il ricordo di una persona che non c'è più. E non ho difficoltà neanche a chiarire che il principio del “parce sepulto” (risparmia chi è morto) deve avere un limite invalicabile: non può venire danneggiato chi non ha il diritto di difendere a sua volta la propria onorabilità. Non ho difficoltà neanche a dire che Facchetti era sicuramente una persona a modo, ma anche le persone a modo commettono errori, e Facchetti ne ha commessi, come emerge chiaramente dalle conversazioni non messe a disposizione della Procura Penale. Su questo, dopo le dichiarazioni dell'ex pm Beatrice, non ci sono più dubbi, a tal punto che si imporrebbe un'indagine ad hoc per chiarire responsabilità connesse. Lo dico ai tifosi nerazzurri, a quelli che vogliono capire: credete voi che se non fosse stato assolutamente indispensabile, la mia difesa avrebbe reso noto le telefonate che coinvolgono Facchetti e tanti altri dirigenti di club? Mi sono dovuto difendere a 360 gradi, perché a 360 gradi sono stato incolpato. Io, mostro sbattuto in prima pagina, capo della cupola, un rapporto esclusivo trasformato in un'accusa di associazione per delinquere dalla quale mi sto ancora difendendo, io che sapevo invece come tutti parlassero con tutti. Avevo un solo modo per difendermi: dimostrare che quello che mi affannavo a dire (come Bergamo del resto) era vero. L'Inter non era al centro della mia lotta, semplicemente emergeva più di altri club nelle telefonate “riesumate”.   Torno comunque all'assunto iniziale, perché non ho dubbi che anche l'attacco alla «Gazzetta» sia un fatto strumentale portato avanti da Moratti solo per fare confusione. Vorrebbe far credere che la rosea ha in qualche maniera agevolato l'iter dell'esposto Juve diretto alla revoca dello scudetto 2006. Caro Moratti, ci perdoni se le diciamo che quell'esposto ha trovato risposta dopo 14 mesi, senza alcun sostegno, meno che meno dalla «Gazzetta». La verità è che i fatti sostanziali contenuti nel documento sono tali che non potevano passare inosservati. È vero invece che la «Gazzetta» appoggiò incondizionatamente la carica giustizialista contro la Juve e il sottoscritto. E nessuno, tantomeno il suo primo editorialista dell'epoca già direttore del giornale, si chiese se sentenze e decisioni così severe potessero venire da un impianto accusatorio frettoloso e fatto da poco più di una ventina di telefonate. Nessuno si chiese come mai non apparissero conversazioni dell'Inter. Adesso sappiamo perché e invece di lamentarsi Moratti farebbe meglio a rispondere e a rinunciare alla prescrizione. Non lo farà, ne siamo sicuri. Quanto alla «Gazzetta», pur riconoscendo a Palombo pezzi di quasi abiura rispetto alle posizioni di un tempo, debbo però dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio. L'ultima della rosea? Il Consiglio Federale non decide e quel titolo resta all'Inter. Ha risposto con durezza Andrea Agnelli. Il Giovin Signore, così etichettato da Moratti, ha mostrato di avere la scorza di famiglia. Buon sangue non mente. Per troppo tempo la Juve ha chinato la testa. Se ho contribuito a restituirle l'orgoglio (so che l'ho fatto) ne sono contento per i tifosi juventini e per la società stessa. di Luciano Moggi

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