Cairo, Bersani fa la rivoluzione Ecco l'aiuto della sinistra...

Andrea Tempestini

La febbre della primavera araba ha contagiato Pier Luigi Bersani l'africano che, pervaso da un pizzico di 'veltronismo' di troppo, ha forzato il protocollo nell'ambito di una missione in Medioriente. Il segretario democratico ha rimboccato le maniche della camicia è ha 'sfondato' in piazza Tahrir, al Cairo, epicentro delle proteste che portarono alla deposizione di Hosni Mubarak dopo un regno trentennale in egitto. Pier Luigi - sarà forse 'il vento che cambia'? - in una giornata cruciale per l'Italia (che ha respinto l'attacco della speculazione finanziaria) ha deciso di buttarsi nella mischia, al fianco dei giovani della Primavera egiziana. Il segretario si è fatto beffe delle telefonate di chi, dalle fila del Pd, lo chiamava per rientrare in Italia: "Luigi, qui sta crollando tutto". Ma al prode Bersani non interessava nulla: c'era da giocare a fare la rivoluzione. Forse, in un angolo nemmeno troppo remoto in fondo al suo cuore, sperava di poter marciare, un giorno, in una piaza Duomo stracolma del popolo arancione di Giuliano Pispaia. In verità, una 'buco', un piccolo lasso di tempo Bersani lo ha trovato: ha preso il telefono e a chiamato Gianni Letta. Al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha spiegato: "Non ostacoleremo l'iter della manovra, ma così com'è non ci sta bene". Poi si è gonfiato il petto ed è tornare a guidare la rivoluzione del Cairo: questo è il massimo aiuto che la sinistra è in grado di dare all'Italia.