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Il web tappa buchi fa male: così impigrisce la memoria

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Tutto e in poco tempo, non va bene. E una ricerca della Columbia University: "Facciamo continuamente affidamento a Internet"

Giulio Bucchi
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Internet ci offre tutto e in poco tempo. Se è vero che l'accesso universale al web consente ad una gran parte della popolazione mondiale di accedere all'infinita enciclopedia telematica, l'abitudine di cercare risposte su Internet per rispondere a tutte le nostre domande quotidiane ci ha reso pigri. E' quanto sostiene uno studio della Columbia University che afferma come l'uomo sia sempre meno propenso ad immagazinare informazioni  che possono essere pescate sempre sul web. Così se cerchiamo di ricordarci dove sia stato esiliato per la prima volta Napoleone Bonaparte oppure gli stati con i quali confina l'Italia siamo sempre più propensi a controllare su Wikipedia o su Google. Secondo la Columbia, Internet è diventato come un hard disk esterno, come quelli che utilizziamo per i nostri Pc, da accendere solo quando ne abbiamo bisogno, una sorta di memoria “volatile” che ci consente di sforzarci poco e di ottenere gli stessi (se non migliori) risultati che prima potevano essere raggiunti solo con pazienza e dedizione mnemonica. Lo psicologo Betsy Sparrow, che ha condotto la ricerca, sottolinea come: “Ci affidamo al web così come faremmo con un amico o un familiare per ricordare un evento passato. Il nostro cervello - continua - tende a ricordare meno le informazioni vere e proprie, e più dove esse possono essere trovate”. La Sparrow, per condurre il proprio lavoro, ha effettuato una serie di test di memoria su un gruppo di studenti. I giovani, dopo una prima fase di apprendimento venivano interrogati per capire quali informazioni ricordassero. Ad una metà del gruppo è stato detto che gli appunti, presi durante le fasi di apprendimento, sarebbero stati salvati sui Pc che stavano utilizzando, mentre all'altra metà è stato detto che sarebbero stati cancellati subito dopo la fine del quiz. Ebbene la prima metà non ricordava molto di quanto appreso durante i quiz, perchè gli studenti si affidavano al fatto di poter visualizzare gli appunti sui Pc; l'altra metà invece aveva memorizzato le informazioni apprese duranta la prima fase, sapendo che poi non avrebbero avuto modo di ripassarle. Grazie ai test condotti, i ricercatori hanno concluso che il nostro cervello non si affatica più a memorizzare informazioni lunghe e complesse, soprattutto quando sa di poterle trovare quando vuole nella sua memoria esterna, sia essa un motore di ricerca o Wikipedia. di Antonino Caffo

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